Si è verificato un caso clinico eccezionale al Brain and Mind Institute dell’Univeristy of Western Ontario, in Canada, dove un paziente che si riteneva essere privo di coscienza è riuscito a comunicare informazioni rilevanti sul suo stato di salute.
Scott Routley, 39 anni, in stato vegetativo da 12 anni a causa di un incidente automobilistico, ha comunicato ai medici di non provare alcuna sofferenza. Non sono servite le parole per comunicare, ma i medici hanno utilizzato una tecnica che permette di visualizzare l’attività cerebrale: si tratta di una speciale risonanza magnetica funzionale, che ha permesso di scoprire che il paziente è in grado di elaborare risposte.
Il dottor Adrian Owen, uno dei neuroscienziati che si è occupato della comunicazione, ha spiegato alla BBC che “Scott è riuscito a mostrare di essere cosciente, una mente pensante. Lo abbiamo sottoposto all’esame più volte e il pattern della sua attività cerebrale dimostra che lui stava chiaramente scegliendo di rispondere alle nostre domande. Riteniamo che lui sappia chi è e dove si trova”. E Owen, soprannominato anche “il lettore della mente”, visti i suoi numerosi studi di pazienti con lesioni cerebrali, ha poi così proseguito: “Da anni abbiamo lottato per capire cosa provassero i malati. In futuro potremmo porre loro domande per riuscire a migliorare la loro qualità di vita. Potrebbero essere cose semplici che riguardino, ad esempio, la frequenza con cui nutrirli o lavarli”.
L’esperimento è stato possibile proprio grazie alla tecnica messa a punto dallo stesso Owen per leggere la mente dei pazienti in stato vegetativo, da lui sperimentata nei 3 anni passati, mentre si trovava all’Università di Cambridge. Con questi primi studi, avevano già dimostrato che le persone stavano pensando e potevano interagire con loro. Celebre il caso in cui nel 2010 applicò i suoi studi al cosiddetto “paziente 23”, un uomo che si trovava in stato vegetativo da 5 anni, a causa di un grave incidente in macchina. Dopo aver pubblicato i risultati dei primi studi sul “New England Journal of Medicine”, non essendo ancor riuscito a convincere del tutto la comunità scientifica dell’effettiva possibilità di utilizzare non solo scanner a imaging cerebrale, ma anche più banali elettroencefalogrammi per comunicare con i pazienti in stato comatoso, nel 2010 Owen si è trasferito in Canada per approfondire le sue ricerche presso il Brain and Mind Institute of Western Ontario, dove è venuto a contatto con Scott Routley. Nonostante gli occhi dell’uomo fossero aperti ed egli seguisse normalmente il ciclo sonno-veglia, tutti i test tradizionali sperimentati su di lui non hanno mai prodotto alcuna reazione. Con la sua tecnica innovativa, Owen ha constatato che Routley era consapevole di ciò che gli accadeva attorno. I medici gli hanno poi posto delle domande e gli hanno chiesto di immaginare due scenari: giocare a tennis e camminare in casa. Attraverso l’imaging cerebrale, sappiamo che quando viene chiesto ad una persona di immaginare di giocare a tennis si attiva un’area particolare del suo cervello e che un’area diversa si attiva quando le chiediamo di immaginare di camminare in casa propria. La risonanza magnetica funzionale aveva già evidenziato l’attivazione di tali aree nei soggetti coscienti, ma non era mai stata applicata a persone in stato vegetativo. Eppure pare che, domandando ad un soggetto apparentemente incosciente di immaginare di giocare a tennis o di camminare in casa, si attivino nel suo cervello esattamente le stesse aree che si attivano alle persone coscienti.
In base ad uno schema di risposte “si/no” i neuroscienziati hanno ricostruito una mappa delle attività nelle varie aree del cervello di Scott Routley, permettendo così ai medici di comunicare con lui. Infatti, chiedendo di immaginare di giocare a tennis quando la risposta alla domanda del medico era “si” e di immaginare di camminare per casa quando la risposta era “no”, è stato possibile monitorare il funzionamento cerebrale del paziente. Scott Routley ha risposto correttamente ad alcune domande personali sulla sua vita e la sua famiglia, che hanno pienamente dimostrato agli scettici della comunità scientifica la sua capacità di intendere. Tra le varie scoperte, Scott Routley ha immaginato la risposta “no” quando i medici gli hanno domandato se provasse dolore.
Stando a quanto ha poi affermato Morten Overgaard, studioso della Cognitive Neuroscience Research Unit della Aalborg University, è possibile che alcuni pazienti in stato vegetativo siano perfettamente coscienti. Dello stesso parere è anche la dotteressa Rita Formisano, primario dell’unità post-coma dell’IRCCS Santa Lucia di Roma, dal momento che ha dichiarato che “Oltre il 40 per cento dei casi ci possono errori diagnostici, per cui si crede che si tratti di pazienti in stato vegetativo, quando si tratta invece di pazienti in stato di minima coscienza”.
La notizia, arrivata dall’Inghilterra e diffusa dalla BBC e dal giornale “The Telegraph” è un caso eccezionale, una novità assoluta, una scoperta strabiliante, destinata a modificare per sempre le conoscenze mediche su coma e stato vegetativo.
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