Diminuite del 17% le iscrizioni in 10 anni. La causa è la crisi che ha imposto regimi economici elevati per le famiglie e la diminuzione delle borse di studio. Università poco formative, non pratiche, fanno scendere il l’Italia ai minimi livelli europei.
L’università non interessa più i giovani italiani. Questo è il risultato di una ricerca svolta dal Cun, il centro universitario nazionale, che ha diffuso un documento riportante le cifre circa gli immatricolati alle università Italiane. Rispetto all’anno accademico 2003/2004, quando gli immatricolati erano 338.482, adesso i giovani diciannovenni che hanno deciso di intraprendere la carriere universitaria sono 280.144. Un calo, parlando in percentuale, pari al 17%. Anche le statistiche dei laureati non sono così ottimiste. La media europea è decisamente superiore a quella italiana. Siamo difatti 34esimi su di una classifica che di posti ne rileva solo 36. Se in Europa il 30% dei trentacinquenni ha una laurea, in Italia la percentuale precipita al 19%; inoltre molti sono fuori corso, quasi il 33,6% e il 17, 3% risulta iscritto all’università ma non sostiene esami.
La crisi economica ha avuto quindi ripercussioni anche sulla preparazione dei giovani italiani. Il calo è da attribuire infatti anche alla riduzione per i fondi destinati alle borse di studio. Se nel 2009 i fondi erano destinati all’85% dei ragazzi aventi diritto, nel 2011 ci si è ridotti al 75%. Un 15% non ha potuto quindi avere a disposizione la borsa di studio e molti hanno rinunciato anche al proseguo dell’attività universitaria. Anche la formazione risulta decimata, perché molti corsi di laurea triennale, 84 solo nel 2012, sono stati aboliti; allo stesso modo 28 corsi di laurea magistrale/specialistica.
Il problema dell’università italiana è da sempre presente. I giovani lamentano la precarietà della formazione data nelle Università, troppo teoriche e troppo poco pratiche. Molti giovani laureati escono dagli atenei senza avere una percezione serie di cosa debbano loro attendere dal mondo del lavoro e senza esperienza. Inoltre, i costi della vita universitaria diventano sempre più esosi. Non solo per le tasse, che hanno subito un netto aumento, ma anche per i costi corollari alla vita universitaria, come l’affitto che in alcune città come Roma o Milano è fin troppo esoso e sfiora i limiti della speculazione.
Bassa la classifica anche per i dottorati, il più alto grado di formazione. Rispetto all’Europa, si hanno 6000 dottorandi in meno, e la maggior parte dei giovani che intraprende questa formazione lo fa senza nessuna borsa di studio. Anche il personale docente è in diminuzione del 22% a causa della limitazione che la legge ha imposto al numero dei contratti di insegnamento che ciascun ateneo può stipulare. La situazione universitari è drammatica quindi ed è lo specchio di un’Italia che vacilla e che ancora una volta non si decide ad investire su sviluppo e ricerca.
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