anche per il cancro alla prostata si è discusso di chirurgia preventiva, dopo l’exploit di Angelina Jolie
prostatachirurgia preventiva e tumore alla prostata: il parere della Società Italiana di Urologia Oncologica
Prostata e chirurgia preventiva: questo è il tema che si è sollevato dopo l’annuncio di Angelina Jolie che ha deciso di ricorrere alla chirurgia preventiva per scongiurare le possibilità di avere un cancro al seno (dopo averne verificato l’incidenza genetica nella sua famiglia) e dopo la notizia di un manager londinese che si è fatto asportare la prostata, anche lui per scongiurare il rischio di tumore.
Interpellati in tal senso, gli esperti della Società Italiana di Urologia Oncologica non hanno però alcun dubbio e per bocca del suo presidente, Giario Conti, fanno sapere che
È vero, le ultime ricerche hanno dimostrato che l’alterazione, tramite mancate riparazioni del Dna, del gene Brca2 nel maschio aumenterebbe il rischio relativo di sviluppare il tumore alla prostata di 9 volte circa rispetto alla popolazione normale. Tendenzialmente i tumori dovuti ad alterazioni genetiche sono più aggressivi, più veloci e danno più facilmente origine a metastasi. Ma a differenza di quello che accade per il tumore al seno e alle ovaie dove la probabilità è molto alta ed esistono dei percorsi medici precisi, per il tumore della prostata le conoscenze attuali non sono assolutamente tali da garantire la correlazione tra l’alterazione dei geni e l’insorgenza del tumore
aggiunge poi che “il test genetico va richiesto solo per coloro che hanno in famiglia diversi casi di tumore aggressivo della prostrata, ossia quando c’è una forte familiarità e si sospetta la presenza di uno di questi due geni”.
Si unisce al coro Alberto Lapini, Presidente del XXIII Congresso Nazionale SIURO: “la presenza di un’anomalia genetica non rappresenta la certezza di sviluppare il tumore della prostata e non giustifica in alcun modo una scelta cosi’ radicale qual è l’asportazione della prostata”
È vero che l’incidenza del tumore alla prostata, nell’ultimo decennio, ha fatto sì che diventasse il carcinoma più presente nella popolazione, ma è altrettanto vero che il tasso mortalità è in costante diminuzione: oggi sono circa 217.000 gli italiani che convivono con la malattia e il numero di nuovi casi è in continua crescita, con un incremento del 53% negli ultimi 10 anni, dovuto soprattutto all’aumento dell’età media della popolazione. Nonostante ciò, questo tipo di tumore non è fra le cause maggiori di mortalità, perché il 70% dei malati sopravvive dopo i 5 anni dalla diagnosi, grazie a maggiore prevenzione, nuove terapie e farmaci di ultima generazione.
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