Lo spoglio delle regionali è appena iniziato e i dati delle politiche nazionali sono ormai acclarati, a prescindere da alcune dichiarazioni di comodo, possiamo ormai stabilire con un grado di sufficiente certezza quella che sarà la composizione delle due Camere.
La crudità dei dati è sempre utile tenerla a mente, giacché spesso nel nostro paese l’interpretazione del reale tende a prendere le veci e a scalzare la realtà fattuale, tanto che poi la maggior parte delle persone non ha più contezza del reale, avvolta com’è nel vortice di interpretazioni di una parte o dell’altra.
I dati ufficiali del Ministero dell’Interno non ci aiutano soltanto a definire la composizione delle Camere e i voti presi da ciascun schieramento, ma a mio avviso sono anche utili per confrontare i voti presi da ciascuna formazione alle elezioni precedenti.
Prendiamo ad esempio i dati del Senato (ma alla camera cambia poco): la coalizione di centrosinistra ha perso, rispetto alle scorse elezioni, circa tre milioni di voti (da 12 milioni a 9 milioni), mentre la coalizione di centrodestra ne ha persi circa sei milioni (da 15 milioni a 9 milioni). Il movimento 5 stelle, vera novità di questa tornata elettorale, ha incamerato più di sette milioni di voti (partendo da zero).
Lascio al lettore le considerazioni su questi numeri, ma considerando un 5% di affluenza in meno, possiamo dire con una certa approssimazione che un terzo dei voti presi dal movimento 5 stelle potrebbe provenire dal centrosinistra, mentre i due terzi dal centrodestra.
Tutto ciò va detto non solo per mera speculazione, ma per recuperare la dimensione della realtà, a discapito dei tentativi di questa o quella parte di gridare al trionfo o al successo: aver perso sei milioni di voti e sentirsi dei vincenti è uno di quei miracoli che non vorremmo mai ci dovesse capitare!
Lasciandoci alle spalle queste considerazioni, però, veniamo all’analisi della realtà che esce dalla composizione delle camere.
Qui i numeri c’entrano poco, a causa di una legge elettorale della quale ormai tutti parlano male (persino chi l’ha fatta ne disconosce la paternità ormai da tempo immemore).
Partiamo ancora una volta da un dato oggettivo: l’unico partito o schieramento che può considerasi vincitore delle elezioni, che ci piaccia o no, è il movimento 5 stelle. Rispetto alle elezioni precedenti tutti i partiti, nessuno escluso, tutte le coalizioni, nessuna esclusa, hanno perso voti. L’unica eccezione può esser fatta per la lista personale di Monti (ma non per i partiti ad essa collegati), tuttavia Monti molto sobriamente non si è abbandonato a giubili e festeggiamenti, avendo raggiunto un risalutato inferiore alle sue aspettative.
Dicevamo: primo dato oggettivo è che l’unico partito vincitore delle elezioni è il movimento 5 stelle. Questo è il verdetto delle urne, se compariamo il numero dei voti tra le elezioni odierne e le elezioni politiche precedenti.
Tuttavia i meccanismi elettorali e maggioritari premiano la coalizione che ha preso più voti alla Camera dei Deputati (a livello nazionale) elargendo una cospicua quantità di deputati in più come bonus di maggioranza . Il discorso al Senato è un po’ più complesso, perché il premio di maggioranza si assegna regione per regione ed è molto diverso a seconda delle regioni, da cui deriva la mancanza di stabilità e la composizione fortemente eterogenea del Senato.
Quindi come secondo dato oggettivo abbiamo che alla Camera dei Deputati la maggioranza è saldamente in mano alla coalizione di centrosinistra, nonostante l’esigua differenza di voti, mentre al Senato è praticamente impossibile che una coalizione riesca a governare da sola.
Questo mi porta alla mia conclusione: gli scenari che si aprono di fronte al Paese sono imprevedibili, frastagliati e compositi. Da una parte abbiamo la prospettiva di alleanze di comodo (volgarmente dette “inciuci”) tra centrodestra e centrosinistra, con relativi scambi di favori (Berlusconi ha già chiesto la Presidenza del Senato, c’è chi pensa per potersi garantire l’immunità nel caso di condanna in qualche processo).
Dall’altra dobbiamo prendere atto che il portavoce del movimento 5 stelle Beppe Grillo chiude la porta agli inciuci, ma è ovvio che può configurarsi un accordo programmatico sui punti del programma che potrebbero essere condivisi, nella prospettiva di un cambio della legge elettorale, dell’elezione del Presidente della Repubblica (che durante il Semestre Bianco, ossia gli ultimi sei mesi del proprio mandato, non può sciogliere le camere) e di nuove elezioni, magari nella primavera 2014.
Questi sono i due scenari attualmente dati per la maggiore, anche se non si escludono tutta un’altra serie di possibilità, come lo sfaldamento del movimento 5 stelle in sede parlamentare, con conseguente esodo di parlamentari nei due principali schieramenti, oppure una pletora di combinazioni di maggioranze, più o meno strampalate, facenti capo alle correnti presenti nei due principali schieramenti di centrodestra e centrosinistra.
La mia speranza è che le persone che da domani siederanno in parlamento si ricordino che la democrazia non è una competizione calcistica, dove ci sono eliminatorie e finali, vincitori e vinti. Il mio auspicio è che la maggioranza degli eletti, al di là degli schieramenti, approfitti di questa situazione nella quale gli schemi partitici dell’appartenenza sono pressati e stressati, per sparigliare le carte dei pregiudizi ideologici e inizi ad operare nell’interesse del Paese.
Ciò che rende vincente un sistema democratico è, oltre alla partecipazione popolare e al principio (ahimè ancora troppo misconosciuto) di sussidiarietà, il fatto che oltre alla contrapposizione degli indirizzi politici ci sia un confronto costruttivo che trovi una sintesi di fatto che vada in direzione della tutela degli interessi della cittadinanza tutta. A partire dal singolo cittadino, per arrivare allo Stato, passando per la famiglia, le associazioni, le comunità. E non il contrario. Sembra una cosa di poco conto, ma non lo è.
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