Primo anno di vita per il servizio musicale di streaming Spotfy, in un solo anno oltre 65 milioni di ore di ascolto dai suoi utenti Italiani.
Spotify
Un anno fa faceva capolino in Italia il servizio di streaming musicale, partito in sordina e utilizzato solo da una ristretta cerchia di utenti dopo un anno si può affermare che abbia ottenuto un successo travolgente. Infatti gli utenti di Spotify hanno ascoltato in un solo anno ben 65 milioni di ore di musica, l’equivalente di 7500 anni. Ma Spotify non è solo un servizio sensazionale per gli utenti, ma è riuscita a risollevare i miseri bilanci delle case discografiche, in discesa libera dal 2002. Decisivo per il successo Italiano è stato il cambiamento dell’offerta gratuita, infatti pochi mesi fa i dirigenti di Spotify hanno deciso di ampliare l’offerta gratuita, aumentando il limite massimo di ore di ascolto, estendendo l’utilizzo dell’app gratuita per iOs e Android, e la possibilità di creare album e playlist.
Vi lascio di seguito l’estratto dell’intervista pubblicata sulla Stampa di Oggi.
Spotify è nato nel 2008 e arrivato da noi nel 2013: con quali obiettivi?
“Ci aspettavamo una reazione positiva, anche se non a questi livelli. Fin dall’inizio abbiamo capito che c’era una grande attesa, durante l’anno poi la crescita è stata sempre superiore alle nostre previsioni”.
C’è stato un momento in particolare in cui il mercato è cresciuto?
“Con il lancio della versione mobile gratuita, a dicembre: da allora le registrazioni giornaliere sono quadruplicate”.
E quanti sono passati dall’abbonamento gratuito a quello a premium a pagamento?
“Non abbiamo dati nazionali, ma a livello globale la conversione dall’ abbonamento gratuito a quello a pagamento è intorno al 25 per cento, e l’Italia è più o meno in linea”.
Si ascolta più musica dal computer o da smartphone e tablet?
“Per molti il tablet è già un sostituto del computer, e così abbiamo cercato di portare sul mobile la stessa esperienza d’uso: non solo su tablet, ma anche su smartphone. Era un passo inevitabile, stiamo rispondendo a una necessità: portare su mobile musica legale e gratuita. E non musica qualsiasi, ma la tua musica, con le tue playlist”.
Spotify ha debuttato in Italia durante lo scorso Sanremo: ci sono iniziative in programma per quello che inizierà la prossima settimana?
“Sanremo è un momento importante per noi e per tutta la musica italiana, anche quest’anno lavoreremo con gli artisti per produrre contenuti speciali in esclusiva sulla nostra piattaforma”.
I Beatles sbarcarono in America cinquant’anni fa, ma su Spotify non sono ancora arrivati. Verrà finalmente anche il loro momento?
“A dicembre abbiamo avuto i Led Zeppelin, poi Pink Floyd, Metallica e tanti altri: col tempo e il lavoro il catalogo aumenterà ancora, anche se già oggi supera i 20 milioni di brani”.
Quanto ha influito l’aspetto social?
“E’ uno degli elementi fondamentali, tanto che ci piace pensare a Spotify come un social network della musica. Le playlist collettive sono sempre più diffuse, ma abbiamo anche visto che molto spesso la classifica dei brani più condivisi anticipa di qualche settimana o mese quella dei più ascoltati. ”
Tra chi ascolta musica sul computer è più usata l’app o il web player?
“Senza dubbio l’app, perché permette di fruire al meglio dell’esperienza Spotify. Il web player si susa perlopiù al lavoro, dove non è possibile installare nuovi programmi”.
Però il successo di Spotify è stato accompagnato anche da polemiche, specie negli ultimi tempi. Da Thom Yorke dei Radiohead, alcuni artisti hanno sottolineato come i guadagni siano troppo bassi, che sia impossbile per gli emergenti puntare sullo streaming…
“Abbiamo lanciato a dicembre Spotify for artists, un sito dedicato a chi la musica la fa: vogliamo essere trasparenti con gli artisti sul nostro modello di business, mettere a disposizione tutte le informazioni di cui hanno bisogno. E con noi guadagnano più del doppio rispetto ad altri canali di streaming video (il riferimento nemmeno troppo nascosto è a YouTube, ndr.). Con l’aumento degli iscritti, aumenteranno anche gli incassi, e quindi i guadagni degli artisti”.
Arriverà il momento in cui tutti potranno pubblicare le proprie canzoni su Spotify come è possibile fare su Amazon con i libri?
“Non vogliamo sottovalutare l’importanza delle case discografiche: è vero che non è necessario avere un’etichetta per pubblicare canzoni su Spotify, ma serve passare attraverso aggregatori che si occupano di gestire gli incassi per diversi artisti”.
Un caso eclatante?
“Lorde, uno dei dischi più ascoltati dell’anno. Non la conosceva nessuno, poi Sean parker l’ha inserita nella sua playlist e in poco tempo è diventata un’artista nota in tutto il mondo, arrivando fino ai Grammy”.
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