Chi fuma la sigaretta elettronica inalerebbe un terzo della nicotina rispetto a chi fuma le sigarette classiche.
Dalla loro entrata sul mercato non si è fatto altro che discuterne: le sigarette elettroniche sono un nuovo nucleo generativo di contraddizioni. Le posizioni a favore o a sfavore si muovono soprattutto circa i loro presunti effetti “benefici” che avrebbero verso i fumatori: da molti la sigaretta elettronica viene considerata come un mezzo per smettere di fumare o per ingerire minori sostanze tossiche, da altri viene semplicemente considerata come un mezzo per “risparmiare” sui pacchetti di sigarette il cui prezzo aumenta in modo costante. Ora un nuovo studio sembrerebbe tutelarle.
Lo studio che scagiona la sigaretta elettronica
Il laboratorio americano Arista Laboratories ha realizzato uno studio presentato a Napoli da Ovale, produttori e distributori di sigarette elettroniche a livello mondiale, secondo il quale utilizzando per dieci aspirazioni la e-cig più potente (quindi con una maggiore capacità di erogazione) abbinata al liquido con maggiore concentrazione di nicotina, il contenuto di nicotina ottenuto è di 0,3mg per ml, mentre una sigaretta classica eroga 0,9 mg per ml. Per semplificare, quando si fuma una sigaretta elettronica si inalerebbe un terzo di nicotina rispetto ad una boccata della sigaretta tradizionale.
Il dipartimento di chimica della Federico II di Napoli ha inoltre sviluppato una ricerca sui liquidi usati da Ovale, affermando che : “e sostanze contenute nei liquidi Ovale non sono dannose”. Marco Trifuoggi, docente di chimica analitica, ha spiegato: “la verifica è stata fatta sulla presenza di quantità tangibili di metalli quali arsenico, manganese, cromo, vanadio, piombo e abbiamo verificato che la loro presenza può essere esclusa fino ai limiti di rilevabilità strumentale e, soprattutto, fino ai limiti di rilevabilità compatibili con normali prodotti per questo uso”.
Al momento, per garantire sui materiali utilizzati per la sigarette elettroniche, alcuni marchi si sono dotati di un’autocertificazione, come spiega Roberta Pacifici, Direttore dell’Osservatorio Fumo Alcol e Droga (Ossfad) dell’Istituto superiore di sanità: “In pratica, per garantire la bontà di ciò che vendono, alcune aziende hanno deciso di adottare una serie di regole, come ad esempio l’utilizzo di aromi o componenti della sigaretta elettronica comprati in Italia o comunque costruiti in una filiera giudicata controllata”.
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