Si è conclusa oggi la storica visita del Presidente americano Barack Obama in Birmania, allo scopo di sostenere le riforme politiche del Paese. Il Presidente è stato accolto da Aung San Suu Kyi, leader dell’opposizione birmana ed icona dei movimenti di liberazione, nella sua casa a Rangoon.
Entrambi i leader sono vincitori di premi Nobel per la Pace (Aung San Suu Kyi nel 1991 ed Obama nel 2009) ed i loro incontri vertevano su temi importanti per aiutare Paesi, come la Birmania, a sviluppare democrazia, pace e libertà. Si erano già incontrati lo scorso settembre alla Casa Bianca, ma la visita avvenuta oggi è ancora più simbolica, dal momento che si è tenuta nella stessa abitazione dove la leader birmana ha trascorso 15 anni di arresti domiciliari.
Barack Obama ha avuto la possibilità di fare un discorso, che rimarrà nella storia, all’Università di Rangoon, dove ha fatto un appello per la fine delle violenze tra comunità buddista e musulmana nello Stato del Rakhine. Queste le parole del Presidente: “Non c’è scusa per la violenza contro gli innocenti. Aung San Suu Kyi è la prova vivente che nessun essere umano può essere davvero imprigionato se nel suo cuore brucia la fiamma della speranza”. Obama ha dichiarato di essersi recato in Birmania per “porgere la mano in segno di amicizia” . D’altra parte è la prima volta che un Presidente americano visita il Paese e, con questo gesto simbolico, si spera di iniziare un percorso comune, “uno straordinario cammino che ancora deve continuare”, che comprende un percorso di riforme in Brimania.
Speriamo che la visita di Obama, prima al “dittatore ravveduto” Thein Sein, e poi ad Aung San Suu Kyi, simbolo della pace, della democrazia e della liberazione dalle oppressioni, possa essere un punto di nuova partenza per un Paese come la Birmania, che esce da 50 anni di miseria ed isolamento.
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