La formazione del nuovo Governo Italiano, dopo il clamoroso risultato delle Elezioni del 24 e 25 febbraio 2013, è l’argomento cruciale dell’attuale fase politica. L’esito delle consultazioni popolari è stato infatti quanto meno ambiguo, avendo assegnato alla coalizione di centrosinistra un vantaggio minimo su quella di centrodestra, a fronte del quale Bersani e compagni hanno ottenuto la maggioranza dei seggi alla Camera (effetto del Porcellum che assegna il 55% dei seggi a chi prende più voti, indipendentemente dalla percentuale ottenuta, teoricamente anche con un solo voto di scarto). Il Senato tuttavia rimane bloccato con quattro gruppi parlamentari difficilmente “componibili” tra loro.
L’ipotesi lanciata ieri da Pierluigi Bersani che rileva amaramente “siamo primi, ma non abbiamo vinto” è quella di un patto con il MoVimento 5 Stelle di Beppe Grillo. L’ipotesi alternativa sarebbe quella di una riedizione dello schema PD+PDL già visto con il Governo Monti. Esistono però altre due opzioni.
Ricapitoliamo!
Opzione 1: Governo Bersani con appoggio esterno del MoVimento 5 Stelle, che non entrerebbe nel governo, ma appoggerebbe solo le leggi in linea con il proprio programma. Serve però un voto di fiducia. Beppe Grillo tuttavia ha già chiarito che, pur tenendo ferma la volontà di votare le proposte condivisibili indipendentemente da chi le presenterà, non ci sarà mai nessun voto di fiducia a un governo del PD. Appoggiare esplicitamente un governo partitico sarebbe infatti in netto contrasto con tutto ciò che rappresenta il M5S.
Opzione 2: Riedizione del cosiddetto “governissimo” appoggiato da PD, PDL ed eventualmente dai centristi di Mario Monti. Si tratterebbe dell’opzione più gradita ai big del PD Massimo D’Alema e Walter Veltroni oltre ovviamente a Berlusconi.
Opzione 3: Bersani, come suggeriva in un tweet di ieri sera Nichi Vendola, allestisce una squadra di governo di alta qualità, attingendo ampiamente alle società civile ed attua subito delle scelte di svolta che possano convincere il MoVimento 5 Stelle a votare la fiducia senza rinnegare il proprio mandato, come – ad esempio – la rinuncia da parte di PD e SEL dei propri rimborsi elettorali (cosa già fatta dal M5S che ha rifiutato circa 100 milioni di euro) e l’impegno a recuperare immediatamente i 98 miliardi di euro dovuti allo Stato dalle concessionarie delle slot machines per finanziare il Reddito di Cittadinanza. Su una base del genere la posizione del M5S potrebbe anche cambiare.
Opzione 4: Bersani si arrende e lascia spazio ad un governo tecnico, magari a tempo, senza esponenti di partito all’interno. Chi potrebbe accettare una soluzione del genere? Lo si vedrebbe in Parlamento. Si tratta dell’ipotesi al momento meno percorribile, ma comunque da tenere in considerazione.
Opzione 5: Si tratta di una variante molto significativa dell’opzione 1, ma richiede il rispetto di molte pre-condizioni. Va ricordato infatti che per ottenere la famosa fiducia in Parlamento non serve la maggioranza assoluta degli eletti, ma basta la maggioranza dei voti validi (anche senza raggiungere la fatidica quota dei 158 senatori). Sarebbe il caso del “Governo di minoranza” ovvero di un Governo che opera pur non avendo la maggioranza dei seggi, un po’ come quello di Rosario Crocetta in Sicilia. In tal caso, se il MoVimento 5 Stelle uscisse dall’aula al momento del voto di fiducia (anche l’astensione infatti in questo caso equivarrebbe a un voto contrario) e i centristi di Monti facessero altrettanto, il Governo Bersani potrebbe vedere la luce. C’è però un’incognita non di poco conto…se uscisse dall’aula anche il gruppo del PdL verrebbe a mancare il numero legale e salterebbe tutto. Tuttavia un “Governo di minoranza” del PD potrebbe far comodo anche al PDL che, intanto, avrebbe tutto il tempo di riorganizzarsi lasciando il centrosinistra sulla difficilissima e logorante graticola di un esecutivo senza maggioranza… Questa è forse la soluzione più “Machiavellica”, ma non per questo meno plausibile.
Opzione 6: Elezioni anticipate. A norma di Costituzione non si può fare. Negli ultimi sei mesi di mandato infatti il Presidente della Repubblica non può sciogliere le Camere e indire nuove Elezioni. Il Parlamento attuale dovrà dunque, comunque, votare un nuovo Presidente della Repubblica prima di poter tornare alle urne. Giorgio Napolitano potrebbe, ovviamente, dimettersi subito ed accelerare dunque la transizione, ma passerebbero mesi e mesi, con una nuova campagna elettorale e la contestuale assenza di governo… si tratterebbe dunque dell’ipotesi, probabilmente, peggiore in assoluto.
Nei prossimi giorni vedremo quale strada prenderà il nuovo Governo Italiano.
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