La crisi che ha colpito così duramente tutto il panorama internazionale ha avuto il suo epicentro in Grecia. Nel tentativo di risanare i disastrosi conti del paese stimati al 173% del PIL per il 2012, i governi che si stanno succedendo sono costretti ad attuare rigide misure di austerità, mettendo sempre più a rischio la coesione sociale del paese. Con una disoccupazione oltre il 25% e quella giovanile quasi al 60%, la Grecia sta tentando di rispettare gli accordi di rientro del debito al 120% del PIL entro il 2020, presi con la Troika, una delegazione internazionale formata da Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea ed Unione Europea che supervisiona lo stato economico del paese.
Tra le molte manifestazioni di protesta inscenate quasi quotidianamente dalla popolazione, il 30 gennaio sono scoppiati degli scontri molto intensi alla dimostrazione del sindacato Pame, molto vicino al partito comunista Kke distintosi per la sua intransigenza, l’euroscetticità e per non aver preso parte a nessun governo di coalizione o di unità nazionale, formati per superare la crisi.
Alcuni manifestanti hanno occupato l’edificio, nel centro di Atene, sede del Ministero del Lavoro e la polizia ha dovuto usare gas lacrimogeni per costringere i manifestanti a liberare l’edificio. Nei tafferugli seguiti all’intervento della polizia, un manifestante è rimasto ferito mentre molti altri sono stati fermati.
Gli iscritti al sindacato protestavano contro l’abolizione del contratto collettivo di lavoro decisa dal governo greco nell’ambito delle misure di austerità intraprese e per alcuni commenti del ministro Yannis Vroutsis circa il forte clientelismo nel settore della previdenza sociale.
La grecia ha un imponente apparato statale formato da troppi dipendenti pubblici: secondo le stime del Cato Institute e de Il Sole 24 Ore, a fronte di una crescita della popolazione greca del 16% negli ultimi 30 anni, su un totale di 11 milioni e 300 mila abitanti, il numero dei dipendenti pubblici è schizzato oltre 727mila unità; quasi quanto i lavoratori impiegati nel turismo, settore che da solo, contribuisce al 16% del PIL nazionale. Per riassestare i conti, infatti, la Troika ha richiesto al governo greco di ridurre il numero dei dipendenti pubblici del 20% entro il 2015, sostenendo che uno statale ogni quindici cittadini è una cifra insostenibile per qualsiasi economia.
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