Riflessioni sull’amara sconfitta della squadra partenopea in Europa League
L’esultanza dei cechi del Viktoria Plzen dopo il 3-0
A distanza di ormai quasi 24 ore dal tremendo 0-3 casalingo risulta estremamente difficile rintracciare, fra web, televisioni e carta stampata, un’analisi davvero lucida e concreta sul tracollo del Napoli contro i modestissimi cechi del Viktoria Plzlen; una meditazione che vada oltre gli errori dei singolo (è troppo facile così), oltre la poca disponibilità al sacrificio (nessun azzurro è apparso poco volitivo) o l’errato approccio alla gara (i primi 20 minuti di gioco sono stati fra i migliori negli ultimi mesi) è forse doverosa anche per smetterla di accogliere ogni sconfitta in Europa come un’inaspettata e vile coltellata alla schiena.
Andiamo al punto: Mazzarri, fra i migliori allenatori italiani, incontra un’enorme difficoltà a gestire le competizioni europee, non gli riesce granché bene e a quanto pare non ha neanche molta voglia di imparare dai propri errori. Ancora scioccati dal turnover di due stagioni fa quando un Napoli che si apprestava a giocarsi l’Europa League nella fase a gironi dopo quasi vent’anni d’assenza si presentava con una squadra di seconde linee, i tifosi partenopei sono stati costretti a rivivere le stesse sensazioni quest’anno quando, nelle prime due gare della competizione, i 9/11 della compagine napoletana erano rappresentati da riserve con pochissimi, talvolta addirittura zero minuti nelle gambe, un coacervo di estranei messi in campo senza un minimo di coerenza tattica. A salvare gli azzurri nel girone eliminatorio sono stati i singoli, capeggiati da un sensazionale Cavani, autore di 7 gol in poco più di 200 minuti giocati.
Non sono mancate le giuste analisi in questo senso, fra chi evidenziava “il turnover scellerato” e chi accusava Mazzarri di dare scarsa importanza alla competizione, con le critiche che sono inevitabilmente arrivate agli addetti ai lavori. Ma il coach toscano non accetta simili disamine né tantomeno osservazioni dettagliate che possano condurlo ad una maturazione tecnica. Coriaceo nelle sue convinzioni si chiude a riccio e rivendica “i 10 punti in più in classifica”, “l’infortunio”, “il campo scivoloso”, il fato e gli dei di traverso. Così ieri sera, dopo un primo tempo non brillante ma neanche pessimo conclusosi sullo 0-1, il tecnico livornese ha rivoluzionato l’assetto tattico degli undici in campo buttando dentro Hamsik dal ’46 al posto di Gamberini, con la consueta ed implicita pretesa che Maggio e Zuniga diventassero terzini di una difesa a 4, già più volte smentita dal campo. Appena al ’58 poi le punte diventavano praticamente quattro, con l’uscita di scena dell’ottimo El Kaddouri per Calaiò.
Ricapitolando, con più di mezz’ora a disposizione (in una gara che prevede anche una partita di ritorno) Mazzarri schierava 2 difensori puri (Rolando e Britos), quattro centrocampisti di cui due adattati a terzini (che però non difendono) e 4 attaccanti, con l’implicito rischio di subire gol anche al più disordinato dei lancioni avversari. Il 3-0, quando la situazione tattica è la seguente, non desta meraviglia e non è più, per il tifoso, un pugno nello stomaco, è piuttosto la conseguenza naturale di una lettura errata ed immatura di una competizione che si gioca sui 180 minuti. Quel volere tutto e subito, quel leggere ogni situazione in un necessario binomio vittoria o nulla, oltre ad essere una logica controproducente e fanciullesca, non fa che trasformare l’evento calcistico non più in una competizione fatta di studi e ragionamenti legati alla situazione, ma in una battaglia vista con gli occhi del tifoso più irragionevole che, aldilà di ogni considerazione, vuole vincere e basta.
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