E’ morto all’età di 87 anni a Città del Messico, lo scrittore e premio nobel Gabriel García Márquez.
La morte dello scrittore e premio nobel Gabriel García Márquez sta rimbalzando da una parte all’altra del pianeta.
L’autore del capolavoro “Cento anni di solitudine” è morto all’età di 87 anni a Città del Messico a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Lo scrittore colombiano era stato ricoverato in ospedale nove giorni fa a causa di una polmonite, ma era stato poi rimandato a casa.
Le sue condizioni di salute erano comunque molto delicate e anche la sorella Aida intervistata pochi giorni prima dall’emittente colombiana Caracol proprio sulle condizioni del premio nobel aveva detto:
“Dobbiamo essere pronti alla volonta’ di Dio. Uno vorrebbe che la gente fosse eterna, che non morisse mai, ma dobbiamo essere pronti alla volonta’ di Dio”.
Gabriel García Márquez nasce ad Aracataca, un paesino della Colombia il 6 marzo di 87 anni fa.
Trasferitosi a Bogotà frequenta la facoltà di giurisprudenza e inizia a scrivere i suoi primi racconti, pubblicati nelle riviste. Trascorre parte della sua vita all’estero: per brevi periodi anche a Londra, Roma, Parigi poi in Venezuela e in Messico.
“Gabo”, come lo chiamavano, è stato insignito nel 1982 del Premio Nobel per la letteratura. Padre del realismo magico iberico, il suo romanzo più famoso, “Cent’anni di solitudine” del 1967, la storia lunga un secolo della famiglia Buendia, è stato votato durante il IV Congresso internazionale della Lingua Spagnola, nel 2007, come seconda opera in lingua spagnola più importante mai scritta. Il romanzo ha venduto 60 milioni di copie in più di 37 lingue.
Tra i suoi romanzi più celebri ricordiamo «L’autunno del patriarca», «Cronaca di una morte annunciata», «L’amore ai tempi del colera» e la sua ultima opera narrativa «Memoria delle mie puttane tristi», un romanzo che racconta la storia di un vecchio giornalista che, a novant’anni, trascorre una notte con una ragazzina illibata, rimanendone piacevolmente sconvolto al punto da incominciare, quasi, un nuovo percorso di vita.
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Gabriel García Márquez, oltre ad essere un grande scrittore, è stato anche un grande giornalista. Ha raccontato i più drammatici avvenimenti, dalle rivoluzioni di Cuba e del Portogallo alla tragedia cilena, al Che, ai cubani in Angola, ai montoneros, ai dittatori centroamericani, alla Spagna postfranchista di Felipe Gonzalez. La figura di Gabo non è legata solo alla sua attività letteraria ma si intreccia anche alla storia del Sudamerica. Difese la rivoluzione castrista a Cuba, amico intimo di Fidel Castro lo definì “uno dei grandi idealisti del nostro tempo”, anche se chiese sempre a Fidel più democrazia, è accanto a lui all’Avana alla messa del Papa durante la storica visita pontificia del 1998.
Nel suo memorabile discorso di accettazione del Nobel, lo scrittore ricordò le parole pronunciate dal suo maestro, William Faulkner:
“mi nego ad ammettere la fine dell’uomo.Noi inventori di favole, che crediamo a tutto, ci sentiamo in diritto di credere che non e’ ancora troppo tardi per intraprendere la creazione” di una “nuova e devastante utopia della vita, dove nessuno possa decidere per gli altri addirittura il modo in cui morire, dove davvero sia certo l’amore e sia possibile la felicità, e dove le stirpi condannate a cento anni di solitudine abbiano finalmente e per sempre una seconda opportunità sulla terra”.
Addio Gabriel García Márquez, uno dei piu’ grandi scrittori dell’epoca moderna.
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