Non capita spesso di leggere sulla stampa italiana di MES e Fiscal Compact, argomenti invece ampiamente dibattuti nel resto d’Europa. Se ne parla, solitamente, a margine di altre notizie, come ad esempio quelle sulla crisi di Cipro.
Da mesi tuttavia alcuni seguitissimi blogger ed economisti italiani si battono per far conoscere a quante più persone possibili dell’esistenza (ai più purtroppo tuttora ignota) di questi due “strumenti” della finanza europea e delle pericolose conseguenze, soprattutto per le nostre “tasche”, che deriveranno dalla loro applicazione.
Prima di addentrarci nelle conseguenze tuttavia cerchiamo di capire, con semplicità, di cosa stiamo parlando.
MES o ESM, ecco cosa è e come funziona
con queste sigle viene identificato il Meccanismo Europeo di Stabilità. Viene spesso chiamato anche Fondo Salva Stati (e dai critici Fondo Salva Banche). Nasce come fondo finanziario europeo per la stabilità finanziaria della zona Euro. In base alle modifiche approvate nel 2011 al Trattato di Lisbona, il MES è diventato una vera e propria organizzazione, sul modello del Fondo Monetario Internazionale (FMI), dotato di un Consiglio dei Governatori, formato dai ministri delle Finanze dei paesi membri, di un “consiglio di amministrazione”e di un Direttore Generale. Il Commissario Europeo agli affari economici (il finlandese Olli Rehn) e il Presidente della Banca Centrale Europea (Mario Draghi) sono membri osservatori. Il MES ha il potere di imporre scelte di politica macroeconomica ai paesi membri.
Il MES emette strumenti finanziari e titoli, può inoltre acquistare Titoli di Stato (come i nostri BTP) dei Pesi dell’Eurozona.
Quote di partecipazione per stato membro (Fonte: Wikipedia)
Stato membro del MES | Percentuale di | Sottoscrizione di capitale |
Germania | 27,1464% | 190.024.800.000 |
Francia | 20,3859% | 142.701.300.000 |
Italia | 17,9137% | 125.395.900.000 |
Spagna | 11,9037% | 83.325.900.000 |
Paesi Bassi | 5,717% | 40.019.000.000 |
Belgio | 3,4771% | 24.339.700.000 |
Grecia | 2,8167% | 19.716.900.000 |
Austria | 2,7834% | 19.483.800.000 |
Portogallo | 2,5092% | 17.564.400.000 |
Finlandia | 1,7974% | 12.581.800.000 |
Irlanda | 1,5922% | 11.145.400.000 |
Slovacchia | 0,824% | 5.768.000.000 |
Slovenia | 0,4276% | 2.993.200.000 |
Lussemburgo | 0,2504% | 1.752.800.000 |
Cipro | 0,1962% | 1.373.400.000 |
Estonia | 0,186% | 1.302.000.000 |
Malta | 0,0731% | 511.700.000 |
Come si evince dalla tabella sopra riportata, l’Italia è il terzo membro per “importanza” del MES, dietro Germania e Francia. L’Italia ha sottoscritto quote per circa 125 miliardi di Euro. Queste somme dovranno essere versate dall’Italia al fondo del MES nei prossimi 5 anni.
Ecco dunque le “dolenti note”. Dove troverà l’Italia tali risorse economiche?
Alcuni articoli del Trattato che istituisce il MES rendono tale strumento, secondo molti osservatori, inquietante. In particolare l’Art. 9: Il consiglio dei governatori può richiedere il versamento in qualsiasi momento del capitale autorizzato non versato. […] I membri del MES si impegnano incondizionatamente e irrevocabilmente a versare il capitale richiesto dal direttore generale ai sensi del presente paragrafo entro sette giorni dal ricevimento della richiesta;
In caso di mancato pagamento lo Stato membro perderebbe il diritto di voto negli organismi decisionali del MES, cedendo di fatto ulteriore sovranità al MES.
Testo integrale del Trattato istitutivo del MES: link qui
Il Parlamento Italiano ha approvato l’adesione al MES con le seguenti votazioni:
12 Luglio 2012, approvazione del Senato della Repubblica con 191 SI, 15 astenuti, 21 NO;
19 Luglio 2012, approvazione della Camera dei Deputati con 325 SI (168 PD, 83 PDL, 30 UDC, 14 FLI, 11 Responsabili, 19 Gruppo Misto), 36 astenuti (20 PDL, 13 IDV, 3 Gruppo Misto) e 53 NO (51 Lega Nord, 2 PDL);
23 Luglio 2012, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano firma la Legge.
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