In Italia la libertà di stampa è sancita dall’Art. 21 della Costituzione. In breve, l’articolo enuncia la garanzia che lo Stato deve provvedere a favore della libertà di parola del cittadino. E fin qui ci siamo.Ognuno può, e quindi, dice “la sua”. Ma cosa succede quando “la sua” finisce sulla carta stampata, in tv, in radio etc…? Ecco, in teoria tali canali media dovrebbero riportare il fatto in sé. Ovvero l’informazione. In pratica, in Italia, assistiamo ad un allineamento dei media ai partiti. E tu giornalista, che voti per un partito, come puoi essere super partes? Cosa sei, scisso? Allora diciamo chiaramente che l’idea di media al di sopra delle parti è un’ utopia. E facciamo i conti con giornali e televisioni condizionati dall’establishment. Condizionati a tal punto che spesso non ne sono neanche consapevoli. O, peggio, non desiderano esserlo. Faccio un esempio un po’ banale, e perciò divulgativo, che ci permette di comprendere cosa si intende. Tutti sappiamo più o meno dell’esistenza del marketing e di come il marketing rimandi istantanee della cosiddetta “società dei consumi”. Bene, vi siete mai chiesti quanto il marketing influenzi la prima pagina di un quotidiano? E questo chiamiamo libera informazione. Le emozioni forti vendono. Vai col mostro in prima pagina. Il bias di conferma vende. Allora scrivi di credenze profondamente radicate. Lo scandalo, lo scoop, ha sempre venduto. Sbatti lì le intercettazioni e venderai di certo. Ecco, c’è la questione di come viene trattata la notizia. Che non è più la regola delle cinque W, anglosassone. E’ piuttosto un amalgama di vita privata, professionale e sociale del soggetto. Perché si deve raccontare una storia, non solo. Si deve raccontare una storia che vende. Questa è solo parte di una realtà mediatica. Un’altra parte riguarda la politica. Come si diceva, i media sono più o meno allineati all’operato di questo o quel partito. E’ lapalissiano: i giornali prendono finanziamenti pubblici che gli sono erogati dalle forze politiche. Non c’è spazio tra i due soggetti per la libertà di stampa. I due sono “appaiati”, o, se preferite, impattatati nelle reciproche “necessità”.
Le somme erogate negli anni 2006-2009 le trovate qui.
Dunque, quale futuro per la libera informazione? Un aiutino viene dai social media. La società si trasforma e porta con sé nuove tecnologie. Twitter è l’uccellino dove l’informazione arriva in tempo reale dalla fonte. E per spingerci più avanti nel presente parliamo di streaming. Ovvero l’informazione senza mediazione. Per dirla secondo il principio di Reconnection: “dal produttore al consumatore”.
Articolo a Cura di Rosanna Bonci
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