Breve resoconto di una vicenda ai limiti dell’assurdo.
Claudio Marchisio, centrocampista della Juventus e della nazionale italianaCome spesso accade, tutto comincia con un’intervista. Banale, spensierata, dove magari chi fa le domande è abile e compiacente, mettendo a suo agio la star di turno che, sia chiaro, continua a dire cose ordinarie, ma smette per qualche secondo di tener conto dei contorti sistemi di decriptaggio delle bobine e si lascia andare ad una dichiarazione un po’ meno televisiva del solito.
Protagonista è Claudio Marchisio, centrocampista della Juventus e della nazionale italiana, che in un’intervista a Style, supplemento mensile del “Corriere della Sera”, risponde così all’indagine del giornalista su una sua eventuale antipatia nei confronti di singoli atleti: «Non qualche faccia in particolare, ma una squadra, soprattutto dopo le finali ruvide di Coppa Italia e Supercoppa: il Napoli. Quando me li trovo di fronte scatta qualcosa».
Le finali di Coppa Italia del 20 maggio 2012 e quella contestatissima di Pechino dell’11agosto sarebbero più che sufficienti a contestualizzare una simile dichiarazione, in ogni caso priva della benché minima malizia. Chiaro che può starci qualche fischio in più per il principino bianconero una volta al San Paolo (fa parte della sana competizione da stadio), ma la questione poteva benissimo finire lì.
Tuttavia solo una manciata d’ore dopo ecco il colpo di scena, la vera chiave teatrale del caso. La società partenopea risponde alle dichiarazioni di Marchisio con un comunicato ufficiale sul suo sito, che recita così: «Le dichiarazioni di Marchisio a Style rappresentano una grave offesa al Napoli e al calcio italiano. Ci sorprende che arrivino da un calciatore della sua statura che gioca in una squadra così prestigiosa. Auspichiamo che si tratti di un fraintendimento e ci aspettiamo chiarimenti dal giocatore e dalla Juventus».
Ora, cercare di indagare a fondo sui chiarimenti che dovrebbero arrivare da un calciatore che ha solo affermato di giocare con più grinta quando ha davanti la compagine partenopea, è forse controproducente ai fini di una lettura globale della questione. Di fatto il suddetto comunicato ha dato vita ad un’inevitabile replica della società bianconera che chiarisce la totale assenza di offese nelle parole del centrocampista e invita a non dare adito a polemiche inutili. Ma è troppo tardi. Centinaia di articoli sul “leghista” Marchisio campeggiano sul web; i tifosi del Napoli (che se si fosse trattato solo dell’intervista probabilmente si sarebbero limitati a rincarare la dose di fischi da almeno un secolo riservata ai giocatori bianconeri) hanno moltiplicato l’indignazione, trovandone una conferma ufficiale addirittura sul sito della società.
La domanda sorge spontanea: come può, chi è ai vertici comunicativi di una delle più importanti società europee come il Napoli, fraintendere a tal punto le parole di un’atleta, decontestualizzare fino a crearne una questione che va oltre il calcio, tanto che Marchisio diventa “quello contro i terroni”? La risposta (provo a darla io) non risiede tanto nell’inettitudine di chi gestisce la comunicazione, piuttosto nella spasmodica volontà di cercare la polemica, dappertutto, sempre. È una tendenza diffusa e ormai inevitabile, tanto che la stranezza non risiede più nelle accuse incondizionate, ma nell’oggettività, nella pacatezza, nella lettura delle parole per quelle che sono. Nel calcio, da molti anni a questa parte, va così; si parla per comunicati, tutto si fa in pubblico, si teatralizza l’esistenza. E l’unico modo per non rimanere basiti di fronte a simili meccanismi è entrarci dentro e farli propri.
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