Quando la notizia dello sgombero di Macao dalla Torre Galfa – la Torre di Salvatore Ligresti in via Galvani – si è appresa, centinaia di persone si sono recate in via Galvani, chiusa al traffico di fronte alla Torre. Il decimo giorno M^C^O ha avuto più attenzione e più visitatori che in quelli seguenti, quando disponeva di un grattacielo come sede, e organizzava attività. Anche molti artisti si sono recati sul posto: i Punkreas (con Flaco e Paletta), gli Afterhours e Roberto Dellera, Dente, Cochi Ponzoni, Davide Palla, Omar Pedrini, Giulio Casale, Luca Mangoni, Walter Leonardi e Amour, oltre a una visita di Fo. Tra i manifestanti serpeggiava delusione nei confronti del sindaco Giuliano Pisapia e rabbia verso Ligresti.
Dario Fo ha raccontato una storia: “C’era un ricco, e gli avanzava del pane. Lo ha buttato via e dei poveri lo hanno raccolto. Allora il ricco ha chiamato la polizia e rivoluto indietro il pane, perché era suo, anche se non gli serviva”.
Dopo una giornata di attesa, in assemblea permanente (in pratica i ragazzi siedono in cerchio e a turno si prenotano per intervenire, dicendo la propria sulla situazione e formulando proposte, senza gerarchie) intervallata da lezioni e concerti improvvisati, Pisapia – dopo una giunta di quasi sei ore – è arrivato alla Torre Galfa. Dato che la giunta sta individuando spazi pubblici da destinare a iniziative sociali, culturali e produttive, il sindaco ha proposto a M^C^O di partecipare al bando per richiedere gli spazi vuoti dell’ex fabbrica dell’Ansaldo in via Tortona, dove nascerà una Officina per la creatività a Milano al servizio dell’innovazione, della cultura e della partecipazione cittadina.
L’assemblea si è presa una giornata per riflettere. Le opinioni a riguardo sono state contrastanti, ma alla fine si è deciso che “le intenzioni e le questioni poste dall’apertura di M^C^O non possano essere semplicemente ridotte ad una richiesta di nuovi spazi per l’arte, ma attraversano trasversalmente argomenti come le condizioni di lavoro, le politiche sullo sviluppo del territorio, il ruolo cruciale della produzione culturale all’interno dei processi di valorizzazione economica, l’appropriazione illegittima di questo valore e la proposta di forme di redistribuzione del reddito”.
Piazza Macao
Lo sgombero da parte della polizia, non ha portato a un’interruzione delle intenzioni, della progettualità e delle attività di M^C^O che, trovandosi con più adepti di prima, ha dato vita a “Piazza Macao” continuando a organizzare iniziative in strada, dove parte dei ragazzi dorme, in tende e su camper, sotto l’occhio vigile della Polizia Locale.
M^C^O 2.0 e la mia esperienza in assemblea permanente
L’assemblea permanente permette a tutti di dire la propria, o di pronunciarsi, anche solo con applausi se si è timidi, su quanto dicono gli altri. Si interviene tutti e si è gentili con tutti. Nella mia esperienza in Piazza Macao, mi sono posta domande cui non ho saputo sempre rispondere. In primo luogo, mi sono chiesta dove fossero GLI ALTRI. Con GLI ALTRI intendo le associazioni (alcune, come l’Arci Milano, con il presidente Emanuele acchi, erano presenti, ma molte non c’erano né hanno ufficializzato un sostegno a M^C^O), ma anche i centri sociali. Il prototipo umano dell’occupante della Torre Galfa è sostanzialmente diverso dall’autonomo del Leoncavallo, seppure magari sia Piazza Macao che il Leoncavallo attirino lo stesso tipo di fruitori e utenti. In Piazza Macao per lo più non c’erano persone con alle spalle esperienza di militanza e l’occupazione, inizialmente, non aveva valenze politiche, ma solo pratiche. I centri sociali si sono tenuti alla larga, anche se per l’opinione pubblica M^C^O era “il gruppo di autonomi che ha occupato la torre di Ligresti”. Allo stesso modo, a parte che il 15 maggio, giorno dello sgombero, in cui Piazza Macao attirò una tipologia umana molto varia, ho visto in assemblea permanente scarsissimo uso di hashish e di vino, pochissimi cani e assolutamente nessun bongo. Anche il look dei giovani di M^C^O – lo dico ben sapendo di banalizzare – è spesso lontano dal prototipo del centro sociale, più vicino a quello dello studente di architettura o dell’accademia di Brera.
In secondo luogo, mi sono accorta che M^C^O cerca di essere democratica. Ovviamente la totale, assoluta anarchia nel senso malatestiano del termine non esiste e ci sono gruppi di lavoro che propongono le scelte. Alcuni personaggi, più grandi (quarant’anni circa) e non architetti (il popolo di M^C^O è inspiegabilmente un popolo di architetti) ma lavoranti nel mondo dell’arte, per lo più della performance, tengono i rapporti con i vari big che si sono succeduti alla Torre prima e in piazza poi.
Ho poi notato come le istanze mutassero con il passare dei giorni. Nei nove trascorsi in Torre, si parlava solo di “avere uno spazio per l’arte” e di che calendario proporre per il giorno successivo o che fiori piantare nelle aiuole. Una volta in strada, il gruppo – che martedì aveva le facce dipinte con ^ rosse – non solo si è allargato, accogliendo nuove adesioni, che de facto hanno cambiato il pensiero unico di M^C^O, ma ha dovuto affrontare una nuova realtà. M^C^O si è spezzato in due: il gruppo di chi vuole accettare la proposta ex Ansaldo (il pro di essere a norma, grande, in regola) e chi no (il contro di essere più piccola, di non essere un grattacielo, di non esserci immediatamente, il modo in cui è stata proposta); il gruppo di chi vuole restare di fronte alla Torre (“è il nostro simbolo”) e chi invece vuole spostarsi per Milano (per trovare nuovi adepti, entrare in contatto con nuove realtà), magari nella problematica via Padova; il gruppo di chi vuole restare sempre insieme a M^?C^O e di chi invece vorrebbe tornare alla propria vita, ritrovando gli altri solo nel pomeriggio, riposandosi e lavandosi a casa; il gruppo di chi vuole rioccupare la Torre (“mamma, rivoglio il grattacielo”) e di chi sa che oltre il ventesimo piano essa è già poco stabile, che ha grossi problemi di manutenzione e a breve ne avrà ancor di più di sicurezza, e che era solo un pretesto e un simbolo.
Massimo Di Vita del teatro Officina ha detto: “La vostra non è un’occupazione, ma una disoccupazione di uno spazio svuotato di contenuti, voi lo state riempiendo”.
Dall’assemblea permanente a un tratto si alza un grido: “Prendiamo tanti posti. Ce ne hanno portato via uno, e noi ne prendiamo tanti!”.
Il ragazzo che urla viene ignorato, ma quel che ha detto lo pensano in molti. Ha detto Maso, uno dei leader del movimento: “Ora che ci conosciamo, andiamo in città: siamo visibili”.
Giulio Casale: “Dopo lo sgombero M^C^O diventa più interessante perché la non violenza diventa azione”.
“Ligresti ha mile giochi e non ci gioca – ha detto Fabrizio – avrà nuovi giochi con l’Expo, perché non possiamo usare noi questo?”
E Corrado: “Non siamo un problema risolto: dobbiamo ricordarglielo dalla strada in cui ci hanno buttato”.
M^C^O era unitamente d’accordo sul fatto che l’esperienza non finisce con l’uscita dalla Torre (anche perché essere aumentati di numero e avere su di sé l’attenzione di tutto il mondo ha eccitato i ragazzi de “l’unico grattacielo occupato al mondo”) e che ora M^C^O vuole raccogliere un’istanza politica e chiedere che il comune faccia qualcosa per contrastare il proliferare di immobili costruiti e mai abitati. Perché “c’è penuria di case e di sedi in questa città, piuena di altri posti come la Torre Galfa. Costruiti, mai abitati, lasciati a marcire. Che siano espropriati o si raggiunga un accordo con le proprietà e li si restituisca alle persone e alle associazioni, o le si abbatta. Ora è questa la nostra lotta, ora che sappiamo che per esistere non ci serve un posto in cui stare”, ha detto Gerry durante l’assemblea permanente del 16 maggio. La scelta di Palazzo Citterio, che si trova a Brera, quartiere dell’arte, e che è chiuso da 28 anni, è stata una scelta praticamente ovvia.
E’ difficile dire quanti sono i luoghi abbandonati di Milano, inutilizzati o sottoutilizzati. Lo stesso assessore Stefano Boeri ha chiarito che “spesso si non si tratta di edifici immediatamente identificabili, ma di proprietà estremamente frammentate, piccoli alloggi o negozi”.
Temporiuso, progetto di ricerca avviato nel 2008 che lavora a stretto contatto con amministrazione comunale e provinciale (per l’esattezza, gli assessorati all’Urbanistica, al Decentramento, al Demanio, al Tempo Libero e alla Cultura) e con il DiAP –Dipartimento di Architettura e Pianificazione del Politecnico di Milano.
L’obiettivo è di “utilizzare il patrimonio edilizio esistente e gli spazi aperti vuoti, in abbandono o sottoutilizzati di proprietà pubblica o privata” per progetti legati al mondo della cultura e associazionismo, ma anche a favore del piccolo artigianato, dell’impresa e degli appartamenti per studenti.
Al momento, il calcolo ha portato a identificare 3 milioni e mezzo di metri cubi di spazi vuoti a Milano. Capannoni, fabbriche, edifici scolastici, spazi residuali di urbanizzazione, uffici, scali ferroviari, cascine, edifici e grattacieli. A guardare la mappa di questi luoghi, colpisce l’alta concentrazione di abbandono nei pressi di Stazione Centrale, a pochi passi dalla stessa torre Galfa.
La giunta di Milano e gli immobili sfitti
Gli obiettivi su cui la giunta sta lavorando sono
– Istituire un registro dei beni immobiliari pubblici disponibili e potenzialmente al servizio delle energie creative e culturali diffuse nel territorio milanese.
– Individuare il patrimonio privato di spazi sfitti e invenduti a Milano e istruire con le proprietà un percorso condiviso per un loro prossimo utilizzo.
– Raccogliere, proprio attraverso l’Officina, anche con bandi pubblici e incontri, tutti coloro che hanno idee, progetti innovativi e sperimentali che riguardano la cultura e l’innovazione a Milano.
A tal proposito, l’assessore Boeri ha dichiarato, in assemblea in Piazza Macao, che “M^C^O ha dimostrato che Milano ha bisogno di spazi, ma una cosa deve essere chiara: l’amministrazione agirà sempre in dialogo con la proprietà e nella legalità per la loro eventuale riassegnazione o riutilizzo”.
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