La lettera letta, parzialmente, da Silvio Berlusconi al termine della sua partecipazione a Servizio Pubblico, ha fatto infuriare immediatamente Michele Santoro. Marco Travaglio, oggetto delle accuse di Berlusconi (o meglio, di chi ha scritto quel testo), ha reagito con la consueta pacatezza, ma non ha comunque mandato giù alcune delle accuse.
Nel tentativo di chiarire come stanno davvero le cose Marco Travaglio ha querelato Berlusconi. Sulla propria pagina Facebook il giornalista torinese, vice direttore del Fatto Quotidiano, ha reagito duramente all’accusa di essere stato assunto nel 1987 a “il Giornale”, diretto ai tempi dal grande Indro Montanelli, su raccomandazione dello scrittore Giovanni Arpino.
Il Video della lettera di Berlusconi con le accuse a Marco Travaglio
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Scrive Travaglio: Arpino, mio amico, lo incontrai sul treno Torino-Milano il giorno del 1987 che andai a conoscere Montanelli, con cui avevo appuntamento. E fu presente al pranzo che ne seguì con Montanelli e me. Nel pomeriggio Montanelli mi ricevette nel suo ufficio e gli lasciai una busta contenente alcuni miei articoli. Mesi dopo, quando ormai Arpino era molto malato o forse era addirittura già morto (se ne andò nel dicembre del 1987), Montanelli mi telefonò perché aveva ritrovato i miei articoli e gli erano piaciuti: dunque mi chiese di collaborare al Giornale, come collaboratore esterno, senz’alcun contratto, nell’ufficio di corrispondenza di Torino. Fui assunto da Montanelli in persona, contro il parere dell’amministrazione che non voleva allargare gli organici, solo nel 1992, dopo che avevo avuto un’offerta di assunzione da Repubblica. E fui riassunto alla Voce, sempre da Montanelli, nel 1994, quando con lui e una cinquantina di redattori lasciammo il Giornale perché Berlusconi era entrato in politica e pretendeva di trasformare il Giornale di Montanelli in quello che poi è diventato: l’house organ del suo partito. Per fortuna nella mia vita non ho mai avuto bisogno di raccomandazioni per lavorare e sfido chiunque a dimostrare il contrario.
Marco Travaglio inoltre respinge anche l’accusa di occuparsi solo ed esclusivamente di Berlusconi, ricordando che il suo primo libro di argomento giudiziario riguardava le tangenti FIAT. Per questo motivo, ricorda Travaglio, gli fu impedito di entrare nel principale giornale della propria città, “La Stampa”, diretta allora dal fedelissimo berlusconiano Carlo Rossella.
Travaglio ricorda invece le forti pressioni di Berlusconi per rovinarlo in vario modo: “A causa delle pressioni del gruppo Berlusconi e della Fiat, persi la collaborazione con il Messaggero, con il Sette del Corriere della Sera e con il Giorno, con cui collaboravo dopo la chiusura della Voce, all’inizio dei miei quattro anni di disoccupazione (tipici del raccomandato). Dopodiché Berlusconi tentò più volte, con denunce, analoghe pressioni e spiate dei servizi segreti, di rovinarmi la carriera, ma anche la vita con cause civili miliardarie (che per fortuna ho sempre vinto e lui ha sempre perso). Ora spero di vincere la causa che gli intenterò per avermi dato del “diffamatore professionale” l’altra sera, pur sapendo che non ho mai riportato alcuna condanna per il reato di diffamazione, diversamente dai suoi servi a mezzo stampa“.
Marco Travaglio parla sempre con toni pacati, ma di sicuro non le manda a dire…
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