Da quanto si apprendere su tutte le teste giornalistiche, almeno soffermandosi a leggere il titolo, l’atletica italiana sembra essere tutta diparta, ma è davvero così?.
I fatti per cui risultano indagati 26 atleti azzurri risalgono ad un lasso di tempo che va dal primo trimestre del 2011 fino al secondo trimestre del 2012. Stando a quanto affermato dalla Procura di Bolzano, l’acetica azzurra sarebbe stata abbastanza negligente nei confronti del regolamento Wada. Tale regolamento impone che ogni atleta che sia impegnato in manifestazione in internazionale ha il dovere di compilare un qestionario, ogni 3 mesi, deve comunicare la propria reperibilità per i controlli antidoping.
Ecco, questo il punto su cui soffermarci, ovvero che è sbagliato pensare che l’atletica italiana sia dopata ma che semplicemente si tratta di un aspetto puramente burocratico. A questo punto gli atleti si ritrovano coinvolti in qualcosa più grande di loro. Colpa di un sistema che funziona davvero male, che fa acqua da tutte le parti, che presenti delle evidenti falle tecniche.
Gli atleti risultano essere delle vittime innocenti e anche se ne dovessero uscire puliti, tutto questo si rifletterà negativamente sull’immagine della nostra atletica, un’atletica che sta già affrontando una crisi di risultati. Intanto, in attesa delle sentenze che verranno emesse dal tribunale antidoping, gli atleti potranno continuare a gareggiare ma lo loro presenza a Rio 2016 è fortemente compromessa.
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