“La terra dei Fuochi”, dal 2003, è diventata una locuzione, a nostro malgrado, di uso comune ed essa si riferisce a un’area dell’Italia meridionale compresa tra le provincie di Caserta e Napoli dove sono presenti un numero consistente di roghi di fiuti. Questo almeno fino a poco tempo, perchè quella che sembrava una realtà prettamente meridionale ha interessato anche la cittadina lombarda di Brescia, definita per il suo inquinamento “La terra dei fuochi del Nord”.
La terra dei fuochi del Nord. La città mostra i segni indelebili di una “cattiva” e superficiale attività industriale: parchi pubblici chiusi, aiuole scolastiche vietate ai bambini e la presenza preoccupante di livelli altissimi di cromo. La causa di questo scempio è da attribuire ad un’azienda bresciana, la Caffaro, che per diverso tempo ha prodotto DDT, cloroformio e i policloribifenili. In quasi cinquant’anni di attività, questa azienda ha riversato nelle acque destinate all’irrigazione più di 150 miliardi di microgrammi di Pcb.
La terra dei fuochi del Nord.Come in Campania, anche a Brescia i dati sulla salute della popolazione sono spaventosi e allarmanti, in quanto un terzo dei decessi sono dovuti a tumori. Naturalmente, fino a quel momento nessuno sapeva nulla, fino alla costruzione della Tav che deve collegare Milano a Venezia, dove scavando sono emersi veleni pericolosissimi. A chieder aiuto sono i cittadini che sono preoccupati, giustamente, per la salute dei propri fili ma, come ogni cosa che avviene in Italia perchè d’altronde sarebbe un peccato non proseguire la tradizione, la bonifica dei terreni va a rilento soprattutto perchè una bonifica vera e propria richiederebbe un costo altissimo. Ma c’è di più, perchè l’Asl e il Comune di Brescia dopo aver esaminato le acque hanno dichiarato che la situazione è sotto controllo e non c’è nessun inquinamento idrico.
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