Internet sotto attacco atomico? Esagerazione non verificata: i dati dicono che non è vero (quasi) niente.
Internet sotto l’attacco dello spam: anche noi ne avevamo scritto, ma purtroppo la malafede di fonti autorevoli ha tratto tutti in inganno
Internet e la rete sono salvi, anzi: non sono mai stati veramente in pericolo. Il furioso litigio tra Spamhaus e Cyberbunker, che pareva aver paralizzato la rete, in realtà pur essendo stato il più grande attacco DDOS della storia, con i suoi 300 Gb/s, l’efficienza della rete mondiale non è calata per più del 2% e non c’è mai stato un reale rischio per internet.
Altro che “attacco atomico” alla rete. La stragrande maggioranza delle infrastrutture di rete non ha nemmeno rilevato variazioni e solo in particolari contesti si sono osservati dei lievi rallentamenti.
L’indagine sul caso è stata condotta, tra gli altri, dal noto blogger Paolo Attivissimo che ha pubblicato sul suo blog, e sul celebre sito informatico Zeus News, un articolo avvalendosi di dati ufficiali ed imparziali provenienti dai più noti ed autorevoli organismi di monitoring della rete: AKAMAI, INTERNET TRAFFIC REPORT, RENESYS, i quali hanno ridimensionato, e di molto, la portata dell’evento e le conseguenze sull’infrastruttura telematica mondiale.
La classica tempesta in un bicchier d’acqua, ma perché?
Evidentemente c’è stata una commistione di vari fattori: da una parte tutte le fonti primarie sulle dimensioni dell’attacco informatico provenivano dalla stessa Spamhaus e da Cloudflare (società che tra le altre cose è specializzata proprio nella difesa da attacchi DDOS), la prima parte in causa in prima persona e ben interessata a porre l’accento sull’importanza del suo ruolo di difesa contro lo spam e la seconda sicuramente non imparziale nel modo di “vendere” la sua capacità di resistere anche ad attacchi DDOS di grandi proporzioni. Dall’altra parte una compiacenza da parte di New York Times e BBC nei confronti di queste due aziende, unita alla ingenuità benevola di chi le ha considerate come fonti attendibili senza volere (o senza avere la possibilità) di andare a verificare personalmente la veridicità dei dati.
Insomma, un grande attacco informatico enormemente sopravvalutato per esigenze pubblicitarie, un grande spot creato con la complicità di testate altrimenti affidabili, ma comunque creato e nutrito da notizie diffuse a senso unico dai diretti interessati.
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