Stefano Rodotà è ancora al centro dell’attenzione nell’attualità politica. Candidato al Quirinale a seguito delle votazioni online del MoVimento 5 Stelle, l’ottantenne giurista calabrese sembra stia letteralmente vivendo una seconda giovinezza.
Pur sconfitto dall’eterno rivale Giorgio Napolitano nella corsa al Quirinale, Stefano Rodotà potrebbe clamorosamente tornare in gioco e, ironia della sorte, proprio in virtù delle attuali difficoltà (diciamo così, per usare un eufemismo) di quel Silvio Berlusconi tanto severamente avversato durante la sua lunga militanza istituzionale.
Ineleggibilità Berlusconi, ostacolo decisivo per il PD
I molteplici guai giudiziari del leader PDL costituiscono infatti una costante minaccia per la tenuta del Governo Letta, fondato sulla ripetizione della coalizione PD-PDL-Centro già vista durante il Governo Monti.
Il primo vero ostacolo, in attesa delle sentenze dei Tribunali, sarà rappresentato dal voto sull’ineleggibilità di Silvio Berlusconi. A distanza di tre mesi dalle elezioni (!)non si è infatti ancora riunita la Giunta per le Elezioni (di cui deve essere ancora scelto il Presidente), l’organismo che deve decidere sulla convalida dell’elezione dei parlamentari. Silvio Berlusconi non sarebbe eleggibile a causa del D.P.R. n. 361 del 1957 che vieta l’elezione in Parlamento a chiunque detenga concessioni pubbliche (come le frequenze televisive).
Il PD, per bocca del suo nuovo segretario Guglielmo Epifani, ha già fatto sapere che non voterà l’ineleggibilità di Berlusconi. Un voto favorevole alla proposta del MoVimento 5 Stelle sarebbe infatti una palese sconfessione di quanto fatto dal centrosinistra dal 1994 ad oggi. Non a caso tornano ancora una volta a imperversare sul web le parole di un clamoroso intervento pronunciato in Aula nel 2003 da Luciano Violante e visto come “prova” più evidente del ventennale inciucio tra PD e PDL.
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Il Governo Letta non cadrà, verosimilmente, sull’ineleggibilità di Berlusconi (sebbene alcuni parlamentari PD non sembrano perfettamente in linea con Epifani e c’è sempre l’incognita del voto segreto), ma le sentenze della Magistratura potrebbero assestare al leader PDL un brutto colpo, soprattutto nel caso in cui venisse confermata la richiesta dei PM relativa all’interdizione dai pubblici uffici.
In caso di nuova crisi di Governo, secondo il PDL, l’unica “via” sarebbero le elezioni anticipate. Ma è veramente così?
A norma di Costituzione, in casi del genere, è compito del Presidente della Repubblica verificare l’esistenza di una maggioranza in Parlamento. Solo se non fosse possibile trovare una qualche maggioranza, allora sì, si dovrebbe tornare alle urne.
Ecco dunque che lo scenario di una futura crisi di Governo sembra già scritto: in caso di caduta del Governo le forze dell’attuale opposizione (MoVimento 5 Stelle e, presumibilmente, SEL) propongono al Capo dello Stato il nome di Stefano Rodotà come nuovo premier.
A quel punto tutto sarebbe, di nuovo, nelle mani del PD. Da un lato accettare il patto, già rifiutato in sede di votazioni per il Presidente della Repubblica, con i 5 Stelle; dall’altro tornare alle urne, rischiando seriamente di riconsegnare il governo del paese a Berlusconi o, in subordine, al terzo governo di larghe intese consecutivo.
La sfilata di domenica scorsa a Roma, con Stefano Rodotà, Gino Strada e Maurizio Landini, oltre a molti parlamentari di M5S, SEL e alcuni esponenti del PD potrebbe essere un giorno ricordata come prima tappa ideale di un nuovo, non impossibile, governo.
Fantapolitica? Saranno il tempo e le sentenze a dirlo.
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