Imu, sembrava che la questione sull’esenzione Imu (ex Ici) sugli immobili di proprietà della Conferenza episcopale italiana fosse risolta ma …si è arenata?
Imu, se ne è parlato tantissimo ed a Febbraio di quest’anno sembrava che, questa volta, anche al Chiesa Cattolica, avrebbe dovuto pagare l’Imu sugli immobili che svolgono attività commerciale.
Spero vi possa interessare quest’articolo che ho trovato, come quello sulla “reincarnazione di Steve Job” su un giornale online di informazioni … laiche.
Premetto che le notizie, così mi è stato poi detto, sono autentiche e, anche se delle volte come quella della reincarnazione di Steve Job, possono sembrare delle vere e proprie “Bufale” in realtà, purtroppo, non lo sono.
Purtroppo perché, per delle notizie come quella che mi accingo a riportarvi, sarebbe forse meglio che … lo fossero!
Torniamo ora allo scottante problema dell’Imu da pagare per la Chiesa:
A febbraio scorso sembrava che la questione dell’esenzione Ici sugli immobili di proprietà della Conferenza episcopale italiana e degli enti, residenti in Italia, che fanno capo al Vaticano, fosse risolta.
Dopo tre mesi dal suo insediamento a Palazzo Chigi Mario Monti aveva annunciato che anche la Chiesa di Roma avrebbe pagato l’Imu sugli immobili che svolgono attività commerciale e aveva indicato anche i parametri in base a cui considerare “non commerciali” le scuole private cattoliche. «L’attività paritaria è valutata positivamente se il servizio è assimilabile a quello pubblico»: così aveva dichiarato il presidente del Consiglio.
Lo stesso Monti ha inviato la norma alla Commissione Ue in modo che si chiudesse la procedura di infrazione avviata nei confronti del nostro Paese in quanto l’esenzione Ici riconosciuta a buona parte degli immobili ecclesiastici può configurarsi come “aiuto di Stato” e come tale è vietato e passibile di multa milionaria.
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Il provvedimento ha ottenuto anche il via libera da parte della commissione industria del Senato ma sembra che dopo si sia arenato tra gli uffici del ministero dell’economia. Infatti ancora oggi non c’è traccia del decreto attuativo che definisce la percentuale dell’esenzione «in proporzione all’utilizzazione non commerciale dell’immobile».
In sostanza la parte non commerciale dell’immobile beneficerebbe dell’esenzione fiscale mentre l’Imu sarebbe pagata solamente sulla parte in cui si svolge attività commerciale. Per garantirsi e garantire ai Comuni italiani l’incasso 2013 dell’Imu ecclesiastico, il dicastero di via XX Settembre deve emettere il testo al più presto. I funzionari del ministero assicurano che ci stanno lavorando ma i tempi sono veramente brevi.
Dopo essere stato varato infatti il decreto dovrà passare l’esame del Consiglio di stato e se l’iter non viene completato entro fine anno, nel 2013 la Chiesa sarà esentata dal pagamento dell’Imu.
«Il ritardo si deve all’esame complesso della materia»: così spiegano dal dicastero presieduto da Grilli. Certamente la materia è complessa ma da febbraio forse c’è stato tutto il tempo necessario per risolvere la situazione soprattutto da parte di un esecutivo di “tecnici”.
Le prossime settimane ci diranno se quanto annunciato in febbraio da Monti era la classica montagna (italiana) che aveva partorito un topolino.
Nel caso in cui il decreto non dovesse arrivare entro fine anno, la Chiesa si troverà sotto l’albero di Natale un’esenzione che vale dai 600 milioni (secondo le stime di Anci, l’associazione dei comuni italiani) ai due miliardi: importi di cui non se ne potranno beneficiare le amministrazioni comunali per assicurare i servizi ai loro cittadini.
Nel frattempo – a causa di accise e tasse – i contribuenti italiani continueranno a pagare la benzina due euro al litro, le famiglie si preparano a pagare la seconda e la terza rata dell’Imu, e ovviamente l’Unione europea – se il nodo dell’esenzione dell’Imu per gli enti ecclesiastici non dovesse essere risolta – potrebbe decidere di chiudere la procedura d’infrazione e sanzionare l’Italia con una multa milionaria per ogni giorno di ritardo successivo alla pronuncia della sentenza così come stabilito dalla comunicazione SEC 2005 n. 1658: ovviamente anche questa sanzione sarebbe a carico dei contribuenti italiani.
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