Non ci sono le mascherine idonee per i necrofili: a causa dell’elevato inquinamento dei suoli causato dall’Ilva, non possono svolgere il loro lavoro e seppellire i morti. Tre salme sono state congelate.
Il disastro ambientale dell’Ilva di Taranto sembra non trovare fine. A fare scalpore in questa domenica non è una vicenda giudiziaria inerente la più grande industria siderurgica europea, ma una notizia che proviene direttamente dal suolo della terra dei due mari e che si tinge di colori macabri. A causa dell’elevato inquinamento dei suoli, nel cimitero di San Brunone, che sorge a ridosso dello stabilimento, vi è lo stop delle sepolture.
L’inquinamento dell’Ilva di Taranto arresta le sepolture
Parrebbe quindi che anche da morti a Taranto non si riesca a sfuggire a quel cappio che è l’inquinamento. I necrofori della cooperativa “Ancora” hanno disposto l’arresto delle sepolture poiché non vi sono le mascherine speciali con filtri prescritte dal medico del lavoro necessarie per compiere la loro attività. A causa di ciò, tre salme sono state surgelate nelle celle frigorifere del cimitero. La vicenda del San Brunone è sconosciuta forse ai più, ma è ben nota nell’area tarantina, in primis per il suo particolare colore. A causa della sua vicinanza all’Ilva, dalla quale è separata solo da 500 metri, il cimitero ha perso i suoi colori. Tutte le cappelle, il terreno, le inferriate, hanno un colore particolare, un rosato tendente al rosso ruggine, causato dalla polvere del minerale utilizzato dall’Ilva per la sua produzione. La vicenda inerente i parchi minerali è tra le più conosciute: questi si estendono su di un’area molto vasta senza protezione alcuna e si riversano sulla città adiacente, in particolar modo nel quartiere Tamburi, dove il cimitero di San Brunone si localizza.
L’inquinamento dei suoli adiacenti all’Ilva è da tempo comprovato: nel quartiere Tamburi è esteso da tempo il divieto anche per i bambini di giocare su dei suoli non ricoperti di pavimentazione, a causa appunto dell’elevato inquinamento. Intanto, le proteste per il diritto alla salute dei tarantini non si arrestano. Si fanno sempre più acute le grida e le denunce degli oncologi, i quali sottolineano come a Taranto non passi giorno senza che vi sia almeno un “annuncio” di tumore ad una famiglia. La questione ambientale diventa sempre più esasperante poiché lede ora il diritto alla vita della popolazione. Di contro, si staglia la precaria situazione degli operai dell’Ilva che protestano contro la chiusura dell’impianto il quale dà lavoro, è bene ricordarlo, ad oltre diecimila famiglie. Senza l’Ilva, la città pugliese cadrebbe in una precaria crisi finanziaria ed economica e la sua chiusura avrebbe ripercussioni incredibili sull’intera economia italiana.
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