Amarezza, delusione e sconforto, queste sono le emozioni che ormai la maggior parte degli imprenditori Italiani prova in questo momento di crisi. Tasse, imposte, crediti da riscuotere, debiti da pagare sono all’ordine del giorno, un peso che un titolare di impresa, sia essa piccola, media o grande, non può più sostenere.
Nel primo trimestre di questo 2012 si contano ben 146 mila imprese (146.368 precisamente) che hanno chiuso i battenti e si sono dichiarate “out of business”, un segnale sconfortante, che aggiornato ad ottobre diventa un numero ancora più empirico, da gennaio al mese appena trascorso hanno chiuso per fallimento 279 mila imprese, tra le quali sono maggiormente presenti aziende di medie e grandi dimensioni che in tempi passati si sono esposte più pesantemente sul mercato economico-finanziario e in questo momento soffrono maggiormente questa esposizione. La disoccupazione incrementa di pari passo con la chiusura delle aziende; ad ottobre l’Istat ha rilevato un tasso di disoccupazione che supera il 10% (2. 774.000 disoccupati) e il 36% per quanto riguarda la disoccupazione giovanile, un record negativo impressionante.
PRESSIONE FISCALE
In Italia chiudono circa 1000 imprese al giorno e la motivazione principale è la pressione fiscale, che è pari al 68,8%, la più alta in Europa e non solo, anche a confronto con i grandi Paesi extra UE, ci ritroviamo a dover subire una fiscalità soffocante per qualsiasi imprenditore nostrano, che sommato ai problemi dovuti alla crisi economica causano un malessere generale che porta alla chiusura delle aziende.
Come si può ben vedere dalle due immagini, che si riferiscono all’anno 2011, l’Italia si trova in testa ai paesi più industrializzati sull’argomento pressione fiscale e il dato andrebbe aggiornato al 2012 con nuove tasse e imposte, come l’IMU, le nuove accise sul carburante e l’incremento dell’Iva. (che porterebbe la percentuale di pressione oltre il 70%)
Oltre alle difficoltà causate dal peso delle tasse e delle imposte che gravano sull’impresa, ci sono anche problemi in ambito prettamente economico, come la difficoltà a reperire credito, sia dalle banche (prestito, fido, finanziamento) e sia dai propri clienti, che avendo anch’essi difficoltà economiche non riescono ad adempiere ai propri doveri (pagamento delle fatture) con regolarità e i fornitori reclamano i propri pagamenti, creando tensioni e disagi nel lavoro tra le società. Con questi presupposti l’unica cosa che si crea è un circolo vizioso dal quale ad oggi è impossibile uscire incolumi. Lo Stato deve provvedere a costruire un strategia concreta per uscire da questo sistema.
LA DISOCCUPAZIONE IN EUROPA
La disoccupazione giovanile continua a crescere, non solo nel nostro paese ma in tutta l’Unione Europea, questo è un dato che spaventa molto gli stati membri, i ragazzi che hanno finito il loro percorso formativo sia questo conclusosi con il Diploma oppure con la Laurea, non riescono a trovare un lavoro nella maggior parte dei casi.
Il tasso percentuale della disoccupazione giovanile europea è salito dal 15% nel 2008 ad un allarmante 22,5% segnalato a luglio di quest’anno, un aumento del 50% in meno di quattro anni. I tassi più preoccupanti si trovano in Spagna e in Grecia con oltre il 50% di giovani disoccupati (rispettivamente il 52.9% e il 53.8%) e successivamente in Slovacchia con circa il 38%, Italia e Portogallo con il 36% e segue l’Irlanda con il 30%. L’alterego positivo nell’unione Europea lo troviamo in Austria con il 4%, in Olanda con il 5.1% e segue con 5.4%, il Lussemburgo e la Germania con un tasso percentuale pari a 5.6%.
L’Euro crisi potrebbe iniziare ad aver una svolta positiva dando spazio ai giovani cercando di dare un cambio generazionale in ambito lavorativo che possa permettere di compiere passi in avanti nella soluzione della crisi economica.
IL MODELLO SCANDINAVO
L’unione Europea vuole cercare di mettersi in linea con i paesi nordici quali Finlandia, Norvegia, Danimarca e Svezia, che adottano un sistema dove si garantisce un lavoro al giovane che finisce il suo percorso di studi, se il giovane non trova lavoro presso le aziende lo Stato interviene investendo nel giovane, sovvenzionando le imprese ad assumerlo, oppure l’alternativa è quella di offrire al giovane un ulteriore percorso formativo a spese dello Stato quindi totalmente gratuito per il ragazzo, cosi da renderlo maggiormente interessante e appetibile agli occhi delle aziende.
Questo modello è stato introdotto nei paesi Scandinavi nei primi anni ’90 e ha permesso su tutti alla Finlandia di far entrare nel mondo del lavoro più dell’80% dei ragazzi under 25, è evidente come questo modello abbia permesso una crescita formativa della maggior parte dei giovani dando un beneficio notevole alle aziende e una crescita del paese stesso che ha visto ricompensati i suoi sforzi ampliando notevolmente i soggetti da cui riscuotere gettito tributario e di conseguenza diminuendo fino all’osso la percentuale di disoccupazione. Questa strategia porterebbe all’Unione Europea ottimi benefici che potranno dare l’input per la soluzione dell’ Euro crisi, certamente è un lavoro lungo e non immediato ma le possibilità di crescita per un‘entità come l’Unione Europea possono far ben sperare, ma come hanno fatto i paesi scandinavi bisogna unire le forze e mettersi il prima possibile al lavoro mettendo le basi per costruire e pianificare una strategia che sia vincente.
La saracinesca che ogni giorno milioni e milioni di imprenditori alza sta diventando sempre più pesante e se si continuerà con questo passo finirà per schiacciarci, il peso non è più sostenibile ed è per questo che non possiamo più andare avanti cosi .L’Italia e più in grande l’Unione Europea , devono trovare una soluzione per garantire ad ogni cittadino una vita dove si vive davvero e non un parziale sostentamento dove la sopravvivenza diventa e rasenta l’impossibilità di sorridere e di vivere in serenità, cercando di raggiungere i propri sogni.
Articolo a Cura di Fabio Fagnani
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