Anche questa tornata elettorale abbiamo assistito alla presenza di una pletora di partitini insulsi ed inutili, ma come fanno a raccogliere le firme per la presentazione delle liste?
Che il sistema sia marcio lo si vede dalla testa: come può un partito che si presenta su scala nazionale raccogliere 60.000 firme per presentarsi alle elezioni e prendere 500 voti?
Mentre infuria la campagna post-elettorale, con politici che si affannano ad occupare gli scranni televisivi per indottrinare la platea sulla loro interpretazione dei numeri elettorali e la ridda di ipotesi sul futuro assetto istituzionale si accavallano alle grida di dolore (o all’assordante silenzio) degli illustri “trombati”, devo soffermarmi su un particolare, forse di poco conto, che da sempre mi lascia interdetto: come è possibile che nel momento più topico della partecipazione politica, le elezioni nazionali, la nostra scheda elettorale si presenti come un album di figurine di un editore ossessivo-compulsivo con la mania del collezionismo di simboli e nomi bizzarri?
Mettiamoci dunque alla ricerca delle norme che disciplinano la presentazione delle liste e limitiamoci, per semplificare l’indagine, alla Camera dei Deputati.
Ricordiamo bene la questione sorta a dicembre, in particolar modo per il m5s e la lista civica di Monti, dell’esiguità del tempo a disposizione per raccogliere le 120.000 firme necessarie a presentare le liste per le elezioni. Ricordiamo altresì di come queste furono dimezzate (Decreto-Legge 18 dicembre 2012, n. 223 convertito, con modificazioni, dalla Legge 31 dicembre 2012, n. 232) a 60.000 per permetterne la partecipazione. Tuttavia non ci basta e ci andiamo a ricercare qualcosa che assomigli ad una Fonte primaria delle disposizioni. Ci imbattiamo così in questo “manuale elettorale per le elezioni politiche 2013” sul sito della Camera dei Deputati, che apartire dalla pag. 14 ci spiega nel dettaglio le modalità di presentazione delle liste. Ci sembra una Fonte idonea e ci basiamo quindi su questa.
Ed ora veniamo a noi.
Volendo ipotizzare che i partiti partecipanti alla competizione elettorale abbiano tutti raccolto le 60.000 firme necessarie per essere presenti su scala nazionale, ci troveremmo con ben 25 partiti che hanno raccolto 60.000 firme e hanno preso meno di 50.000: dal massimo “DIE FREIHEITLICHEN” che ha preso 48.317 voti, al minimo di DEMOCRAZIA ATEA che ne ha presi 556.
Qui però dobbiamo fare attenzione, perché troviamo un primo motivo di discernimento.
Secondo la legge, infatti, i partiti sono astenuti dal presentare le firme a supporto delle candidature una in una serie di casi:
– se questi erano già presenti in parlamento
– se sono collegati ad una coalizione con almeno due partiti che erano già presenti in parlamento
– nel caso essi siano rappresentativi di minoranze linguistiche riconosciute che abbiano conseguito almeno un seggio in occasione delle ultime elezioni
Comunque ci pare che pochissimi (una manciata scarsa) dei 25 partitini che stiamo esaminando rientrino in questa casistica, quindi andiamo avanti, con pertinacia, ad esaminare i numeri e a porci delle domande.
In realtà le firme previste per la presentazione sono calcolate in base agli abitanti della singola circoscrizione (come ci aiuta a capire lo schema a pag. 15 del documento linkato), questo potrebbe spiegare, almeno in parte, la presenza di partiti dai nomi strampalati (in questa sede citiamo “STAMINALI D’ITALIA”, “RIFONDAZIONE MISSINA ITALIANA”, “VENETO STATO” “DEMOCRAZIA ATEA”, sempre perché ci stiamo limitatndo alla Camera dei Deputati, altrimenti al Senato della Repubblica troveremmo “MOVIMENTO NATURALISTA ITALIANO”, “PAS – FLB<”, “NO ALLA CHIUSURA DEGLI OSPEDALI” e tantissimi altri, in entrambe le Camere, che ci sarebbe da fare un film tragi-comico) che prendono percentuali molto esigue di voti.
Ora: a prescindere dal fatto che io, personalmente, avendo votato nella circoscrizione di Lazio 1, che stando alle norme citate e constando di più di un milione di elettori, avrebbe la soglia minima di firme necessarie per la presentazione delle liste fissata nel numero di 4.000, mi domando come sia possibile che fossero presenti partiti come il MID 2.902 voti, l’Unione Polare con 1.513 voti, Staminali d’Italia con 598 voti, Tutti insieme per l’Italia con 414 voti (la lista sarebbe lunga: comprende un’altra decina di partiti dai nomi più o meno buffi che hanno preso meno di 4.000 voti).
I conti non tornano e sebbene sia chiaro che i problemi del Paese siano ben altri, sappiamo pure che con il “benaltrismo” (neologismo coniato per definire quell’atteggiamento che tende ad eludere qualunque questione con la scusa che ce ne siano sempre di più importanti) ci ritroviamo ancora qua, a partecipare a delle elezioni con meccanismi contorti che sembrano fatti apposta per essere aggirati da chi, per mestiere, è abituato a fare “magheggi, impicci e imbrogli” usando le armi della burocrazia (che, per come è concepita e condotta in Italia, è uno dei mali dello Stato), creando partiti civetta, partiti fantoccio, partiti feticcio. Tutto per rendere meno chiaro ed efficace lo strumento della rappresentanza e per disperdere e vanificare uno strumento, il voto popolare, che per molti è l’unico mezzo di controllo sull’attività dei politici.
“C’è del marcio in Danimarca” dice Marcello a Orazio nel primo atto dell’Amleto di Shakespeare.
Pure in Italia, verrebbe da dire, ce n’è parecchio.
Sarebbe ora di fare un po’ di pulizia.
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