Una rapina che, solo in diamanti, ha fruttato oltre 50 milioni di euro. La parte più difficile non è come rubarli ma come piazzare la refurtiva con la polizia alle calcagna, anche se, conoscendo il mercato…
Sbarazzarsi del bottino di una rapina non è poi così difficile
Era il 18 febbraio quando un gruppo di rapinatori fece irruzione sulla pista di atterraggio dell’aeroporto di Bruxelles e mise a segno una rapina milionaria portando via diamanti ed oro. Secondo molti, la rapina, è solo il primo passo nella serie di eventi che si susseguono dopo questo tipo di azioni. Piazzare la refurtiva, tuttavia, può non essere così difficile come sembra.
I diamanti hanno un mercato molto particolare, estremamente regolamentato ma, conoscendo bene il meccanismo, è piuttosto banale riuscire a vendere la refurtiva senza sollevare sospetti.
In un articolo uscito di recente su Foreign Policy, lo scrittore Scott Andrew Selby spiega cosa la banda potrebbe fare per smerciare i diamanti rubati. Lo scrittore è un grande conoscitore del mondo dei preziosi dopo aver scritto un libro dedicato alla più grande rapina di diamanti della storia, messa a segno da una banda di italiani ad Anversa, in Belgio, nel 2003.
Un presupposto è d’obbligo, scrive Selby: bisogna ipotizzare che i ladri, non avessero già accordi per lo smercio dei preziosi con qualcuno, il misterioso committente della rapina, già protagonista delle cronache quando la notizia del furto dei diamanti, divenne di dominio pubblico.
La prima cosa che dovrebbero fare, secondo lo scrittore, è dividere le pietre in tre gruppi: quelle grezze, quelle lucidate e quelle parzialmente lucidate che sono difficili da rivendere in quanto non hanno mercato. I diamanti semi lucidati, andrebbero quindi dati ad un lucidatore per finire il lavoro. Visto che i preziosi stavano viaggiando da Aversa, uno dei maggiori centri di lucidatura, verso la Svizzera, è tuttavia ipotizzabile che solo una piccola parte dei diamanti sia da completare.
Il problema maggiore, sarebbe quindi di eliminare i segni distintivi che i diamanti portano incisi: firme a laser facilmente rimovibili oppure, numeri di serie incisi sulla corona della pietra, la cui cancellazione potrebbe essere molto ostica rischiando di danneggiare, irreparabilmente, il diamante.
Anche in questo caso viene in aiuto ai rapinatori, il frenetico mercato dei diamanti dove le pietre possono passare di mano in mano, anche dieci volte in un solo giorno, senza che alcuni passaggi vengano effettivamente registrati ed alla fine, quando qualcuno si accorgerà di essere in possesso dei preziosi rubati, la polizia non avrà una cronologia documentata, per poter risalire al colpevole.
In sostanza i rapinatori per riciclare i diamanti, non dovrebbero far altro che rimuovere le incisioni e ripresentarsi ad uno delle centinaia di laboratori di Anversa dove, dietro il pagamento di una piccola somma, chiedere un nuovo report ed un nuovo numero di serie. A meno che non si comporti in maniera strana, nessuno avrà mai dei sospetti visto che, ad Anversa, i diamanti che vengono trattati sono molto comuni: tra uno e due carati, senza imperfezioni e bianchi, nessuno riuscirebbe a riconoscerli pur avendoli già visti.
Secondo Selby anche portare diamanti oltre i confini nazionali è molto semplice, sono pietre piccole e di grande valore, l’equivalente di un milione di euro entra in un pacchetto di sigarette o potrebbero anche essere stati montati ed indossati su gioielli, in grado di attraversare senza alcun problema le dogane di tutto il mondo.
I diamanti tornano all’origine
Un altro step molto semplice da passare è il certificato Kimberly: un foglio di carta piuttosto spartano, sul quale viene attestato in poche righe di testo e due firme facilmente contraffabili, che i diamanti non provengono da zone di guerra e quindi non alimentano conflitti nelle zone estrattive, in sostanza, viene certificato che non si tratta dei blood diamonds. Il foglio è molto semplice da riprodurre illegalmente e, in questa maniera, i diamanti potrebbero tornare ad Anversa ed immessi facilmente nel circuito legale; anche gli stessi derubati non potrebbero riconoscere i propri diamanti e chi li commercerà, non avrà idea della loro provenienza.
Secondo Selby, dopo lo step in Belgio, i diamanti potrebbero finire nel più grande mercato di anelli di fidanzamento del mondo: gli Stati Uniti, in modo assolutamente legale senza che nessuno sappia la lunga storia che queste pietre preziose, avrebbero da raccontare.
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