Di nuovo in bilico la vicenda Taranto: i magistrati della Procura tarantina hanno impugnato il decreto dopo l’approvazione del governo. Si apre un nuovo braccio di ferro tra magistratura e politica.
Il decreto legge più discusso di questo fine 2012 è stato senza dubbio il Salva-Ilva. La vicenda dell’impianto siderurgico più grande d’Europa, sito in Taranto, non trova conclusione. Il decreto è stato impugnato dai magistrati della procura di Taranto che hanno inviato un ricorso alla Corte Costituzionale, ritenendo nel decreto, recentemente convertito in legge, vi sia un conflitto di attribuzione fra i poteri dello Stato. Il decreto permetteva all’impianto siderurgico di dissequestrare gli impianti dell’area a caldo, in modo tale da continuare la produzione. Per la Procura tarantina però il governo è intervenuto in una indagine ancora aperta, impedendo l’azione penale che era stata emanata. Dal 26 luglio 2012 infatti gli impianti erano sotto sequestro, secondo quanto emanato dal Gip Patrizia Todisco: una decisione che il tribunale del riesame aveva confermato. Nonostante ciò l’azienda ha continuato a produrre in questo lasso temporale e i magistrato hanno imposto il sequestro del prodotto finito. Una decisione per la quale l’azienda Ilva farà ricorso al tribunale del riesame, probabilmente il prossimo 8 gennaio.
Certo è che per i tarantini è stato un ennesimo Natale sotto i fumi dell’Ilva. La città dei due mari non è ancora unita sotto un’unica egida: vi sono i sostenitori dei magistrati, prevalentemente ambientalisti, che lottano da svariati anni per la chiusura totale dell’impianti; a sostenere il governo invece, la maggior parte degli operai, che superano le diecimila unità, i quali si vedrebbero privati del lavoro. Anche le operazioni di bonifica promesse non sono ancora entrate in vigore e la città continua a languire sotto la sua coltre di ferro e fumo, pronta però a far ancora parlare di sé.
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