Denaro pubblico speso per viaggi, alberghi, ristoranti e tablet, questo è quello che emerso da un’analisi condotta dalla sezione di controllo della Corte dei Conti che ha esaminato minuziosamente ogni singolo scontrino e ogni singola fattura presentati dai singoli consiglieri o dai gruppi di riferimento.
In seguito a quest’analisi la Corte dei Conti ha stilato una classifica di tutti coloro che hanno speso soldi pubblici senza averne diritto. Medaglia d’oro per la Lega Nord che ha speso 597.525 “euro contestati”, secondo posto per il Pdl con 297.721 “euro contestati”, terzo posto per Udc con “soli” 48.886 “euro contestati”, medaglia di legno per il Pd con 46.256 “euro contestati”, seguono Idv con 12.356 euro, Sel con appena 10.038 euro e a chiudere questa “classifica che dovrebbe non esistere” Partito Pensionati con 827 euro.
Come si comporta la legge in questi casi? La legge dice che ogni singolo consigliere dovrà restituire tutto il denaro speso illecitamente e anche lo stop all’erogazione dei rimborsi nell’anno in corso. Le irregolarità che maggiormente hanno attirato l’attenzione dei magistrati sono state le richieste di rimborsi sulle spese di viaggio e di ristorazione presentate da un vasto numero di consiglieri. Oltre a pranzi, cene e viaggi di piacere, “i nostri soldi” sono stati spesi per tablet, smartphone, computer portatili, libri, riviste, taxi ma c’è addirittura chi ha presentato richieste di rimborsi per sigarette o cioccolatini.
Per fortuna, tutte queste spese sono state ritenute illecite dato che non avevano nessuna attinenza o legame logico con la professione svolta da chi “ha avuto il coraggio” di presentarle. Rimane da sciogliere solo l’ultimo nodo e cioè capire se il Consiglio regionale intraprenderà una battaglia legale per rientrare in possesso di questi soldi spesi indebitamente. Concludiamo questa faccenda a cui ormai siamo abituati da anni con le parole del presidente del Consiglio regionale Raffaele Cattaneo: «Dobbiamo fare degli approfondimenti, non sappiamo chi deve rendere esecutivo l’atto, né se si possa far ricorso».
Fonte: milano.repubblica.it
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