Confindustria digitale definisce l’emendamento Fava inutile e dannoso.
Confindustria digitale: l’emendamento Fava frena lo sviluppo del web e il mercato dell’e-commerce in Italia.
«In nessun modo l’emendamento impone la disconnessione del provider ( siti come Google, Yahoo, Facebook) – ha spiegato Giovanni Fava – ma soltanto lo obbliga a tener conto delle segnalazioni che riceve, assumendosene la responsabilità se decide, in piena autonomia, di non tenerne conto, esattamente come prevede espressamente la Direttiva Europea (ACTA). Se il provider, una volta informato, non fa niente, allora il titolare dei diritti violati può agire in giudizio anche contro di lui, oltre che contro l’autore materiale della violazione».
Esempio: se io segnalo materiale che secondo me è illecito a Google e l’amministrazione non prende provvedimenti, io titolare di diritti violati, posso agire in giudizio contro Google e contro l’autore del materiale illegittimo. In pratica, i responsabili dei comportamenti illeciti degli utenti sarebbero direttamente i fornitori dei servizi.
Oggi, 31- 01-2012, la legge passerà in aula a Montecitorio.
Secondo Confindustria Digitale, l’emendamento non solo porterebbe alla penalizzazione dello sviluppo del web del nostro paese ma avrebbe, anche, conseguenze depressive sul nascente mercato dell’e-commerce. In merito, ha sottoscritto un appello insieme alle sue associate (Assotelecomunicazioni-Asstel, Assinform, Anitec, Aiip in rappresentanza dell’intero settore dell’Ict in Italia), ed è stato presentato ai membri della IX Commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera, ai capigruppo e agli onorevoli firmatari di emendamenti soppressivi.
Confindustria Digitale definisce l’emendamento Fava dannoso, in quanto limita la libertà del web: per evitare la responsabilità dei contenuti illeciti degli utenti sul provider “gli operatori dei servizi di comunicazione elettronica dovrebbero sostanzialmente mettere in atto un inaccettabile controllo dei contenuti che passano sulle reti, conducendo di fatto a un sistema di censura preventiva, che oltre a ledere i diritti dei cittadini, metterebbe in serio pericolo gli investimenti industriali nel settore dell’informazione online e della commercializzazione di contenuti».Definito anche inutile in quanto il nostro ordinamento prevede già una serie di strumenti in grado di assicurare il perseguimento dei reati legati alla contraffazione “La legge, infatti, impone agli operatori di segnalare alle autorità le notizie di violazione che ricevono da parte di chi si qualifica come titolare dei diritti ed, essendo la repressione dei reati e le relative indagini prerogativa esclusiva della magistratura, non è consentita alcuna surroga da parte dei privati”.
Il settore dell’Ict è unanime nel chiedere al parlamento di sopprimere l’articolo introdotto dal cosiddetto emendamento Fava nella Comunitaria. Una soppressione «a favore dello sviluppo dell’innovazione tecnologica, della diffusione dell’e-commerce e delle piccole e medie imprese italiane, in un contesto che confermi la coerenza e la compatibilità della normativa italiana a livello nazionale ed europeo, anche in considerazione del preannunciato processo di revisione della direttiva comunitaria che ha dettato il quadro giuridico per il commercio elettronico».
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