Non usa mezzi termini il ministro dell’ambiente Corrado Clini, da mesi indubbiamente il più attivo nel Governo riguardo al caso Ilva.
Pochi minuti fa ha dichiarato ai microfoni di Maurizio Belpietro su Canale 5 “Un commissario straordinario per l’Ilva? non c’e’ bisogno. Quello che vogliamo e’ l’applicazione piena della legge. Non dobbiamo inventarci cose strane. Il decreto del governo dovrà ribadire i contenuti dell’Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale)”.
“Ci sono molti interessi a che non si risolva la questione – continua Clini, ma stavolta ai microfoni di Radio anch’io – ci sono interessi politici espliciti di chi nei mesi scorsi anche in campagna elettorale a Taranto ha chiesto ripetutamente la chiusura dell’Impianto e ci sono interessi oggettivi, non dico un grande vecchio, per cui se chiude l’Ilva i concorrenti europei e asiatici fanno festa”.
Insomma, sull’Ilva il ministro Clini evoca ora anche il complotto internazionale.
Ma il ministro non si ferma qui e afferma inoltre: “Bisogna chiarire qual’e il gioco e nessuno di noi può far finta di non sapere. Bisogna avere chiaro tutto quanto c’e’ in ballo che per noi è la protezione della salute e dell’ambiente che non si assicurano chiudendo lo stabilimento perché la sua chiusura lascerebbe lì un deserto inquinato”.
Un deserto inquinato. L’immagine è forte, tuttavia contrasta con le dichiarazioni precedenti dello stesso ministro che affermava passi in avanti significativi da parte di Ilva nella bonifica ambientale del sito industriale di Taranto.
Come già affermato a più riprese, il ministro Clini vede un unico responsabile nella chiusura dell’Ilva, ovvero la Magistratura: “La chiusura infatti deriverebbe da un contenzioso tra l’Ilva e la Magistratura che è appena iniziato. Prima che la questione arrivi in dibattimento, come già visto in molti altri siti italiani, le cose rimangono lì per anni”.
E’ innegabile la lentezza della macchina giudiziaria italiana, che andrebbe in effetti riformata, come affermato da più parti ormai da qualche decennio, ma se passeranno anni prima di capire la situazione dal punto di vista giudiziario, al momento restano tre dati incontrovertibili:
1) 5.000 persone sono senza lavoro e tante altre, coinvolte dall’indotto produttivo (fino a 20.000), rischiano grosso, tra l’altro in un periodo di gravissima crisi;
2) L’aria di Taranto è irrespirabile e l’incidenza di tumori, superiore alle medie regionali e nazionali, non può passare inosservata, anche se in una intercettazione telefonica un dirigente Ilva (così si presume) definiva “minchiate” questi pericoli;
3) In attesa di capire le responsabilità (e soprattutto di scansarle) la politica locale e nazionale non ha ancora dato segnali chiari e univoci di intervento. Il problema dell’Ilva non si risolverà certamente da solo.
Clini afferma di sperare molto nel Decreto del Governo, previsto per domani. “Quello di giovedì –ha affermato- non sarà un incontro interlocutorio, contiamo di uscire con un provvedimento, lavoriamo a un decreto per l’applicazione dell’Aia”
A quanto pare si seguirà il modello già utilizzato dal precedente governo Berlusconi per far partire forzatamente l’inceneritore di Acerra. Un’altra emergenza (ma si può parlare di emergenza quando i fumi dell’Ilva sono ben noti a tutti da decenni?), un’altra deroga. I tempi si allungano, il lavoro scompare, la salute pure.
Se fino a poco tempo fa i lavoratori sembravano poter avere ancora l’illusione di poter fare una drammatica scelta tra lavoro e salute, al momento sembra che entrambi i diritti siano preclusi. Servono soluzioni immediate, ma giuste. Soprattutto decisioni il cui peso , soprattutto sociale, non cada nuovamente sui cittadini, ma una volta tanto su chi ha causato l’attuale disastro ambientale ed economico.
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