Troppa gente che si proclama sensibile al glutine anche se non celiaca. L’Europa declassa chi ne è realmente affetto. Insorge l’AIC: la celiachia non è una moda
Celiaci declassati dall’Europa: a causa dell’aumento della percentuale di popolazione che soffre di sensibilità al glutine non celiaca, l’Unione ha deciso di eliminare chi soffre realmente di celiachia, patologia autoimmune ben differente dalla semplice “intolleranza” o “sensibilità” da quei gruppi di consumatori tutelati a causa di particolari esigenze nutrizionali. Chi ha preso la decisione ha ritenuto infatti che la sensibilità al glutine sia cresciuta così rapidamente da far pensare che non si sia in presenza di vere patologie alimentari, ma ci si trovi davanti un altro efferato attacco della moda. Insorge però l’AIC, Associazione Italiana Celiachia: non si può parlare di un trend alimentare, ma di una vera e propria malattia che “isola” molte volte chi ne è affetto, in particolar modo in Italia, patria di alimenti ricchi di glutine.
Celiachia: per l’Europa è solo moda
La tesi europea è supportata da dati secondo i quali gli italiani spenderebbero cifre elevate per acquistare prodotti senza glutine, sebbene non ne abbiano bisogno. Nel nostro Paese si spendono annualmente ben 250 milioni di euro per acquistare prodotti per celiaci ma solo 180.190 milioni sono erogati effettivamente dal Servizio Sanitario Nazionale che interviene a sostegno economico dei malati di celiachia. Il Regolamento COM 353/11 approvato dal Parlamento europeo ha declassato quindi i celiaci, che non sono più tutelati come gruppo di consumatori affetto da patologia alimentare.
Per l’AIC però non si può parlare di moda: vi sono comunque ben 135.000 italiani affetti da celiachia, e non da sensibilità al glutine, che devono sottoporsi a diete prive di glutine e questa porzione di popolazione deve essere difesa. Molti italiani però acquistano in modo fai-da-te, pratica sempre deprecabile nella questione alimentare, dei prodotti privi di glutine, poiché considerati più leggeri o più sani. Questo comportamento è sbagliato anche perché contribuisce a non delineare la diagnosi della celiachia reale o di qualsiasi altra patologia legata all’apparato digerente. Il Presidente dell’AIC, Elisabetta Tosi, così dichiara : ““La celiachia non è una moda ma una vera malattia autoimmune, con precisi criteri diagnostici. Stiamo assistendo invece al tentativo di far passare la dieta senza glutine come un’alimentazione “buona per tutti”, più sana e leggera, addirittura dimagrante. Banalizzare la dieta senza glutine a dieta “di moda” ha portato l’Europa a non riconoscere più le esigenze nutrizionali dei celiaci: l’11 giugno scorso il Parlamento Europeo ha definitivamente approvato il nuovo Regolamento sui prodotti destinati ad alcune categorie vulnerabili della popolazione, che comprendono i lattanti, i bambini nella prima infanzia, chi ha bisogno di alimenti per i cosiddetti “fini medici speciali” e perfino chi deve perdere peso, ma non i celiaci. Per di più questo ritenere la sensibilità al glutine una sorta di “patologia di massa” spinge anche molti ristoratori a improvvisarsi cuochi “gluten free”, senza le necessarie conoscenze e competenze: questo sta mettendo a rischio la salute dei veri celiaci, per i quali una dieta senza glutine è l’unica terapia”.
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La sensibilità al glutine è invece una patologia dai confini ancora incerti e priva di letteratura scientifica. Gino Roberto Corazza, del Board Comitato Scientifico AIC, ha spiegato: “Gli studi finora pubblicati sono scarsi e con molti punti deboli; inoltre, a differenza della celiachia non vi sono alterazioni nel sangue né lesioni intestinali, nonostante il paziente riferisca sintomi quando consuma glutine e dica di stare meglio escludendolo. La diagnosi perciò è complessa: non abbiamo test sicuri, non esiste un protocollo definito e per ciò che riguarda la dipendenza dei sintomi dal consumo di glutine dobbiamo fidarci di quanto afferma il paziente, ponendo la diagnosi per esclusione una volta accertata l’assenza di celiachia e allergia al grano. Di conseguenza, la sensibilità al glutine deve essere gestita da medici specificamente competenti“.
Se si avverte intolleranza nei confronti degli alimenti colmi di glutine, il consiglio è di non mettersi a dieta in modo autonomo ma di rivolgersi al più presto ad un medico, in modo da effettuare analisi appropriate. La diagnosi di celiachia si basa sull’appiattimento dei villi intestinali: un’assunzione autonoma di cibo senza glutine non permette la diagnosi della malattia e non permette al paziente di “riprendere” in modo totale un buono stato di salute.
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