Le tre forze politiche che sostengono il Governo Monti stanno lavorando a una riforma dei rimborsi elettorali, prevedendo controlli più stringenti.
I bilanci dei partiti saranno soggetti al controllo di società di revisione iscritte nell’albo speciale Consob e sarà istituita la Commissione per la trasparenza ed il controllo dei bilanci dei partiti politici. In caso di irregolarità, le sanzioni saranno pari a tre volte la misura delle irregolarità. I bilanci saranno pubblicati sul sito degli stessi partiti e della Camera. Si potrà investire solo in titoli di Stato italiani e le donazioni superiori a 5 mila euro dovranno essere rese pubbliche, quelle eccedenti i 50 mila euro saranno sottoposte ai controlli della Commissione.
La riforma sarà agganciata in forma di emendamento al decreto fiscale al momento in discussione alla commissione Finanze della Camera.
Lega Nord e Idv si sono opposti all’emendamento. I motivi sono molteplici, il primo riguarda il mancato congelamento della quarta tranche del finanziamento pubblico ammontante a oltre 100 milioni. Non ci sono poi riferimenti ai tagli al finanziamento pubblico, che – divenuti rimborsi – per le ultime politiche del 2008 ammontano a oltre 500 milioni, a fronte di 100 milioni di spese documentate.
La maggioranza vuole discutere della riduzione del contributo statale solo a fine maggio, quando si aprirà il dibatto sull’articolo 49 della Costituzione, sulla regolamentazione giuridica dei partiti. La quarta fetta di torta sarà erogata a fine luglio.
Antonio Di Pietro ha parlato di accordicchio fraudolento e ha invitato i tre partiti di maggioranza a destinare i cento milioni della tranche alle emergenze sociali del Paese. La proposta ha trovato il favore di vari esponenti politici, di Api, Pdl, Fli e Pd.
Anche il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, si è augurata che i partiti diano un segnale concreto in tema di riduzione del contributo statale.
I finanzieri dei vari partiti però dicono che rinunciare alla tranche comporterebbe difficoltà, legate soprattutto agli impegni presi con le banche.
Claudio Grassi, di Rifondazione Comunista, ha più volte ribadito che i rimborsi servono a permettere ai partiti di continuare a vivere, diversamente, solo i ricchi potrebbero permettersi di fare politica.
I partiti ricevono 5 euro per ogni elettore iscritto alle liste elettorali, a prescindere dalle spese sostenute. Se la legislatura si interrompe anticipatamente, i rimborsi sono percepiti per tutti e cinque gli anni. Il Pdl ha ricevuto un ultimo rimborso di 206 milioni di euro a fronte di 53 milioni spesi, il Pd di 180 milioni a fronte di 18 milioni spesi.
Nel 1993 un referendum aveva abrogato il finanziamento pubblico ai partiti. Erano poi subentrate una legge nel 1994, una seconda nel 1999 e una terza nel 2002, a reintrodurre il rimborso elettorale, percepibile da qualsiasi partito abbia ricevuto almeno l’un per cento dei voti. Per questo anche partiti non in Parlamento o che dopo il 2008 sono scomparsi, ancora percepiscono denaro.
Articolo di Silvia Tozzi.
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