Le proteste anti – Acta si fanno sentire in tutta Europa
L’Unione Europea, il mese scorso, ha ufficialmente firmato l’accordo commerciale anti – pirateria che prende il nome di ACTA. Il trattato è stato discusso per quattro anni prima di essere approvato in Europa, ma solo recentemente è stato reso noto al pubblico scatenando una serie di dissensi da parte di molti, soprattutto giovani, che hanno condannato Acta parlando di intesa internazionale che di fatto limita la libertà d’uso del web e quindi la libertà d’informazione, e può aprire le porte indirettamente a forme di censura.
Lo scorso ottobre anche Australia, Canada, Giappone, Corea del Sud, Marocco, Nuova Zelanda, Singapore e Stati Uniti, avevano firmato l’accordo.
I diversi Stati membri dell’Europa e il Parlamento Europeo, però, devono ancora convalidare la firma e hanno tempo fino alla fine del 2012 per rendere del tutto effettivo il trattato. Questo ha spinto centinaia di migliaia di persone a scendere in strada per esprimere la loro opposizione e altri milioni di individui hanno fatto la loro parte on line.
Le manifestazioni si stanno svolgendo in questi giorni in più di 200 città europee. In Bulgaria, hanno partecipato oltre cinquanta mila persone.
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Le proteste non sono avvenute senza esito: diversi paesi hanno messo la loro decisione in attesa. Le prime proteste anti – ACTA sono partite dalla Polonia che è stata subito seguita dalla Slovacchia, dalla Repubblica Ceca e dalla Lettonia. L’ambasciatore Sloveno si è scusato in pubblico per aver messo la firma sul trattato dicendo che aveva fallito il suo dovere civico. Anche la Germania, secondo fonti governative, sembra essere pronta a fare marcia indietro proprio dopo le proteste anti- ACTA.
L’opposizione si fa sentire anche all’interno del Parlamento europeo: Marietje Schaake, membro del Parlamento, ha scritto: “ACTA non deve passare. Concentriamoci sulla riforma per consentire lo sviluppo delle opportunità che offre internet invece di consentire ai business arretrati di limitare il libero mercato e di criminalizzare il pubblico.”
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